https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/browse?tags=Italian&output=atom <![CDATA[Execution Ballads]]> 2024-03-28T23:00:25+11:00 Omeka https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1178 <![CDATA[Il lamento della femena di Pre Agustino, qual si duol di esser viva vedendolo in tante angustie: ]]> 2020-01-14T13:51:15+11:00

Title

Il lamento della femena di Pre Agustino, qual si duol di esser viva vedendolo in tante angustie:

Subtitle

& duolesi di non poter morire. Con alcuni aricordi alle donne. Cò una Frottola d’un Fachin che gli da la baia, Et un Sonetto di p` Agustin che la còforta.

Synopsis

Father Agustino is convicted of blasphemy?/sodomy? and is sentenced to hang in a cage outside the church of San Marco. In this song he comforts his female lover (la sua donna)

Set to tune of...

terza rima

Transcription

Qui incomincia il pietoso lamento che fa la femena de pre Agustino cosa piacevole & esemplar

Se mai Amorà donna fu ribello,
Et se ad alcuna die cagion di pianto
Ben posso dir che à me su accerbo e fello.
La causa non dirò: però che tanto
E manifesta, che infin’ ai defonti
Il sanno, ch’odon il stridor tamanto.
Si vendeno le hystorie per li ponti,
Et per le piazze in ciascadun confino,
È manifesto infin de la’ dai Monti
Che in chebba è posto il mio pre Agustino
À meggio il Campanil,sopra la piazza
Per biastemmar il Creator divino.
Non so per qual ragion io non m’amazza.
Non so qual mio destin mi tenga in vita.
Per’ho il cervel, e non so piu che fazza.
Vedo che ogn’un mi guarda, e dietro addita
Et dice, questa è quella donna altiera
Che per prete Agustin tutta e smarrita.
E quando poi che’l di gionge alla sera,
Et mi aricordo che in Chebba solo
Sta il poverino, muggio come fiera.
Fo’ come il Tigre à cui tolto il figliolo
E’ stato da qualch’un, che tutta freme,
Ne sa che piu si far per il gran dolo.
Ahime che dal dolor par l’alma treme,
Moro d’angustia, non trovo riparo:
Chi me soccorre in queste doglie estre
Non credo che a niun il ciel si avaro
Sia di sua gratia, quanto à me meschina:
O caso attroce, inusitato, & raro.
Qual altra il ciel dar mi puo disciplina
Che a un tempo tuormi e l’honor e la vita?
Ahi crudel fato, o sorte aspra, assassina.
Io sento il mio dolor, e l’infinita
Pena di quel meschin, iui condutto
Dove non è che al mal suo pogo aita.
Deh Dio per qual cagion non fusti mutto
Quando giocando biastemmasti Idio?
Che forsi non saresti iui ridutto.
O quant fiate hotti represo io
D’altri tuoi vitii horribili & iniqui:
Cagion che in chebba adesso tu paghi il fio?
Non sai che spesso li peccati antiqui
Idio punisse fuor d’ogni stagione,
Per divertir qualchun da troggi obliqui?
Ahime, se mi lamento, ho pur ragionie:
Non ti posso aiutar, moro da doglia:
Moro vivendo a veder tua magione.
O morte presto vien piglia sta spoglia:
Non mi lasciar penar, trame di affanni:
Amazza quella che ha de morir voglia.
Che li sei posto mi par sia mille anni:
Non credo mai veder l’ultimo giorno,
Che giuso scenda di tanto alti scanni.
Ser fero viva ogni vergogna escorno
A’ gloria mi terrò, perche mia fede
Servaro intatta infino al tuo ritorno.
Et se son morta vo che quando riede
Tua vita in liberta, tu ti ricordi
Dell’ossa mie che la terra possiede.
Dal grido hormai son divenuti sordi
Della piazza in canton, e le Colonne,
Che di veder tu mal erano ingordi.
Questo lo sa fanciuli, homini, & donne,
Ventia tutta quanta, & sanlo anchora
Li forastier che veston curte gonne.
Ben te potrai gloriar quando sia l’hora
Della tua liberta, che niuna tale
In parte alcuna del mondo dimora.
Piango che come uccello non ho l’ale,
Che teco ad habitar nel piccol tetto
Pronta verrei à congoder tuo male.
Idio non vol c’habbi tanto diletto:
Vorrei teco morir poi che la morte
Debbe di me seguir l’ultimo effetto.
O rio destin, o mia malvagia sorte,
Poi che per troppo amar perdo la vita,
Et andro à visitar l’infernal porte:
Donne che amate il mio parlar v’invita
Pigliar esempio, & non perder voi stesse,
der far piu presto la fama sbandita.
Io parlo con dolor, molto me incresse
D’ogn’un esser eseempio horsu patientia:
A’ un mal principio il peggior fin tiesse.
Guardate donne qual peggior sententia:
Poteva sopra di me unqua cadere,
che dar al mio Amator tal penitentia?
Pero notate mie parole vere:
Non fate fallo alli vostri mriti,
Se ben sperate in questo mondo havere.
Anzi servate I giusti & santi riti
Del matrimonio il tutto vi aviso,
Se non l’honor, la fama, e’l paradiso
Perdrete, se attendete ad altri inviti.
Finis.

Method of Punishment

display

Crime(s)

blasphemy

Date

Execution Location

Venice

URL

https://books.google.com.au/books?id=HYgNAAAAYAAJ&pg=PA58&lpg=PA58&dq=pre+agustino&source=bl&ots=KrnDbLvfcw&sig=yQV8lXIaoLVIK8IEtFSUKVE0Bxk&hl=en&sa=X&ved=0ahUKEwiC27XA4M3bAhUJC6YKHa5yDtoQ6AEIWzAJ#v=onepage&q=pre%20agustino&f=false
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1177 <![CDATA[Compassionevole, e lacrimoso caso, nuovamente occorso nella Città di Pesaro]]> 2020-01-14T13:51:35+11:00

Title

Compassionevole, e lacrimoso caso, nuovamente occorso nella Città di Pesaro

Subtitle

D’un Mastro da Scola, quale mosso da invidia uccise un suo Discepolo, e nè fece otto quarti; Con un lamento ch’ei fece quando per ciò fù preso, & condennato à morte.

Synopsis

A schoolmaster in Pesaro murders his pupil and cuts him into 8 pieces. One song in third person voice followed by song in first person voice of school master.

Set to tune of...

ottava rima

Transcription

O’Sommo Iddio, quanto il nemico astuto
Procaccia, d’ingannar l’humana gente,
E’l ben che noi facciamo sia perduto,
Investiga, e cerca l’astuto serpente,
Io voglio un caso horrendo, c’hò veduto
(A Dio piacendo) contar à la gente.
Come per tutt’hormai la fama vola,
D’un povero meschin Mastro da Scola.

Costui haveno gran desio d’udire,
Che la sua fama pervenisse à buoni,
Pronto si pose e con un grand’ardire
A’ far che quella por tutto risuoni;
Ma tosto il cor voltò, state à sentire,
Quello ch’avviene à chi dispregia i doni
Del Sommo Iddio; poiche gl’entrò nel petto
D’uccider di sua mano un gionanetto.

Essendo il gentil figlio, hormai salito,
Mediante sue virtuti à tant’altezza,
Che’l Mastro superar si vide ardito,
Mostrando chiaro sua natura avvezza
Apprender tutto; ma da quel tradito
Fù con gran crudelta, e scelleratezza:
Onde nè segui poi, che di quell’empio
Si fece à tutt’il popol chiato essempio.

Vedendo quell’esperto giovanetto,
Che’l Precettore suo no’l può vedere
Lascia la Scola, e volta l’intelletto
Verso cupido, e in cose più leggiare:
Il Mastro, che d’invidia ha colmo il petto
Anch’ei cosi vuol far fuor del dovere
Con la propria sua amata, e lei gentile
Quello discaccia come infame, e vile.

Non sà più come far quel scelerato,
E la gran rabbia tutto dentro il rode;
Poiche ne la dottrina superato
Si trova, & in amar dal giovin prode:
Ma pensa, che quel figlio cestumato
Uccider vuol, come si vede, & ode,
E sempre và pensando ( ò caso strano)
Come uccider lo possa l’inhumano.

E gli sapeva, ch’era suo costume
Dopo’l disnar di riposarsi un poco,
E mentre’l figlio l’uno, e l’altro lume
Hà chiuso il tradito a poco, a poco.
A’ quel s’accosta, ch’à narrar’un fiume
Di lagrime faria si crudo gioco
Con una mano ne’ bei crin l’afferra,
E l’altra co’l raso la gola i serra.

Da l’estremo dolor, quel gentil figlio,
Svegliato alza la testa, e la man pone
Sopra del taglio già fatto vermiglio,
E sol con cenni mosso à compassione
Havria una Tigre, e pur bagnava il ciglio
Quasi dicendo al suo Rabi Nerrone;
Poiche nel cader suo si vide impresso
La forma de la man nel sangue istesso.

E visto c’hebbe il traditor disteso,
L’innocente figliuolo, si ritira,
E ne l’animo suo stava sospeso,
Che far dovesse: pur ritorna, e mira
Il corpo, e poi lo leva sù di peso,
Pensando al caso rio, piange, e sospira,
Ma si risolue, e pria chè da lui parti
Spogliarlo, e pei quel far in otto quarti.

Quarli portava poi sotto la veste
Fuori della Citta de ad uno, ad uno
In un loco desorto, over alpeste,
Dove habitar non vede huomo alcuno
Senza punto pensar, che manifeste
Son l’opre nostre à Dio, ch’e Trino, & uno
Nasconde il figlio in seno à la gran Madre,
Acciò non vadi tal notitia al Padre.

Quello non tarda à licentiar’il resto
De’suoi Scolari con finta occasione
Di far’un viaggio tutto afflitto, e mesto
Fin’à Loreto sol per gran passione,
Ch’ei sentiva nel cuor tanto molesto
D’haver fatta si perfida uccisione,
Di là si parte, e pensa esser sicuro;
Ma fù preso (oh caso iniquo, e duro.)

Essendo ito in altra terra à fare
Pur l’essercitio del Mastro da Scola,
Va giorno essendo andate à comperare
Diversissime cose; ma una sola
Trovò, che gli mancava per mangiare,
Votendo in tutto satisfar la gola,
Quella comoprando, arrivò quei Mercanti,
Che per il morto figlio fer gran pianti.

Fù da lor conosciuto prestamente;
Ben che forma diversa havesse preso,
Chiamata la Giustitia immantinente,
Acciò da quella fusse ligato, e preso,
Il Capitano arriva, e’l suo Tenente,
Frà li quali fu molto vilipeso
Gridando ad alta voce, mi fan torto,
Non mi stringete più, hoime son morto.

Gionto, che fù dinanzi al Tribunale
Della Giustitia, gli danno il tormento
Per chiarii si s’havea commesso il male,
Ose’l gran querelato à tradimento;
Ma non si tosto si senti far male,
Che’l tutto confessò senz’ altro stento,
E di nuovo tornerno à far l’essame,
E poi fù condennato à morte infame.

Si racoglie in se stesso, e si ritira,
Pensando al crudo annuntio, che gli è dato,
E’l grave fallo suo piange, e sospira;
Poiche per quello à morte è condennato,
Che sia lasciato di prigione; aspira,
Tanto, che và in quel luoco abbandonato,
Dove sottrè quei quarti del figliuolo,
E scoprirli à sua man con grave duolo.

Di nuovo ricondotto à la prigione
Dimanda in cortesia carta, & inchiostro,
Perche vuol far palese à le persone
Quanto fragile sia il viver nostro;
Cosi fece un lamento che Nerone
Indolcito haveria, com’hor vi mostro,
Poiche il pover meschin piangendo forte
Vien dato in preda al Boia, e va à la morta.
IL FINE.

LAMENTO
Del detto Mastro con i suoi Membri, e cominciò dal Cuore.

O Crudo Cuore mio, perche pensasti
Di commetter’ error tanto crudele?
Perche voi occhi traditor mirasti,
E cagioni tosti poi c’hor mi querele?
Ditemi orecchie voi, perche ascoltasti?
Voi bocca e naso non gustaste fele
Più tosto che permettere c’habbia fatto
Cosa che perir poi il fà in un tratto.

O mani traditrici ò piedi ingrati
Non fosti voi cagion del mio languire?
Forte pur dianzi da me tanto amati,
Et hora insieme ci convien perire;
Voi gambe, che quegli altri membri ingrati
Portasti alla Giustitia trasgredire
Il corpo lamentar si può e la schena,
Che condotti gli havete à tanta pena.

In somma lamentare, e non à torto
Mi posso con ragione giusta, e vera
Di tutti voi ch’incambio di conforto
Voi mi fate veder l’ultima sera,
Se voi sete cagion ch io giaccia morto,
Vostra allegrezza non sarà già vera:
Poiche consentienti al trasgredire
Pria fosti, sarete anco al gran martire.

Pio havessi tempo di narrar mia vita
Un’intiero volume vorret fare,
Ma sento un discipline, che m’invita,
Ch’io m’i debba al supplicio apparechiare,
E sento l’alma mia tutta smarrita,
E tre mante poi ch’hà d’abbandonare
Il corpo e lui ancor grave dolore
Sente per sua pietade, e grande amore.

Già cha (mal grado mio) hor mi conviene
Finir il mio lamento in pene, e guai
Sento che’l sangue si gela in le vene,
Perch’è vicina la mia morte hormai,
Io prego il Sommo Dio, che tante pene
Non sian ragione de gli eterni guai,
Ma che lo spirito mio al Ciel ritorni,
Dove (piacendo a lui) stanzi e soggiorni.

Cosi vi prego tutti, ò circostanti,
Ch’à l’atio, e à la passion non date albergo,
Che l’esperienza havete hormai di tanti,
Quali hanno le virtudi poste à tergo,
E la lor mala fin pensar inanti,
Non voler com’ anch’io: onde sommergo,
Vi prego adunque con doglia infinita
A viver di memeglio in questa vita.

A te mi volto, ò Redentor del Mondo,
Venia chiedenao de’ peccati miei,
Tù conosci c’hà it cor contrito, e mondo,
Se tale è il mio, perdona i falli rei,
Ti prego non guardar ch in questo Mondo
Io non facessi quello, che dovei,
E insieme prego ancor’il Padre Eterno,
Per sua bontà, mi scampi dall’Inferno.
IL FINE.



Method of Punishment

breaking on the wheel?

Crime(s)

murder

Date

Execution Location

Pesaro

Printing Location

Posto in luce per L. P.
In Pesaro, & in Bologna, per Gio; Paolo Moscatelli, 1618.
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1108 <![CDATA[Pietoso lamento che fece la signora Prudenza anconitana prima che fosse condotta alla giustizia ]]> 2020-01-14T13:20:52+11:00

Title

Pietoso lamento che fece la signora Prudenza anconitana prima che fosse condotta alla giustizia

Subtitle

con l'aggiunta di tutto il caso successo, quanto disse e scrisse di sua propria mano

Set to tune of...

Printing Location

Prato : M. Contrucci e CC., 1866

Notes

reprint of earlier?

Pubblicato con
Œ‡ Sonetto nella morte di Madonna Prudenza., P. 8
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1107 <![CDATA[Lacrimoso lamento fatto da Gio. ]]> 2020-01-14T13:21:09+11:00

Title

Lacrimoso lamento fatto da Gio.

Subtitle

Pidara da Compigia de Piamonte di anni 26, Pietro Forestieri da Ronco anni 35, Gio. Giosefo Forestieri da Ronco de anni 47, Carlo Macope da Cordonella de anni 38 ... tutti di professione magnani auanti fossero giustitiati in Padoua per le loro esecrandi colpe, come risulta dalla loro relazione. Il di 26. aprile 1687

Set to tune of...

prose pamphlet

Transcription

prose

Date

Printing Location

In Padoua
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1106 <![CDATA[Il lacrimoso lamento, qual fece la signora Giouanna Vicentina, la quale fu decapitata, et dipoi squartata per hauer amazzato il suo marito. ]]> 2020-01-14T13:52:33+11:00

Title

Il lacrimoso lamento, qual fece la signora Giouanna Vicentina, la quale fu decapitata, et dipoi squartata per hauer amazzato il suo marito.

Subtitle

Aggiuntoui anco di nouo il lamento dell'amante, qual fece hauendo la sua testa in braccio. Ad instanza di Pantalon Braghetto

Synopsis

Giovanna Vicentina is executed for the murder of her husband

Image / Audio Credit

Pamphlet: Riferimenti: BIBLIA, v.1, n.2600. Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane

Set to tune of...

Transcription

O Terra, ò Cielo, ò Stelle, ò Luna, ò Sole,
O Marte, ò tù Mercurio, ò Vener bella,
Giove, Saturno, udite mie parole.
Fortuna empia nemica à me ribelle,
Destin troppo fallace al mio ben parco,
Che cagion fusti di si gran querella.
Fui presa come avien tal'hor al varco,
La Lpre, che da Veltri vien seguita,
Che no può più fuggir, ne far più varco.
Colui ch'a ogni mal far sempre ma'invita
Si fu cagion de la mia cruda morte,
Et esser l'Alma mia di qui sbandita.
O infelice me, ch'el mio Conforte
Con le mie man nimiche, & altre insieme
Tolsi di vita, e gli detti aspra morte.
Amor con sue luunghe false insieme
Si posse tal'assedio à la mia Rocca,
Che forza fu gustar sue forze estreme.
Questi mi pose il dolce melle in bocca
Al principio, e da sezzo quelli furo
Cagiò, ch'io ne gustai pur troppo pocca.
Se al mondo il caso mio stato è si oscuro,
C'haver non deveria da voi' perdono,
Perdonatimi almen al passo duro.
O per me ultimo giorno, poi ch'io sono
Per haver del mio mal giusto supplicio,
A te sommo Fattor il spirto dono.
Io veggio per me gionto il gran giudicio,
E del mio mal oprar il giusto merito.,
E l'hora da frenar il mio gran vicio.
Se'l ben' oprar da me s'è fatto absterito,
Mi getto genuflessa hora davanti
A quel Signor, ch'anti vede al preterito.
Finite è le allegrezze, i giuocchi, e i canti
Per me, e'nuece di quelli si ritrova
Il petto mio pien di dolori, e pianti.
O altissimo Signor almen ti mova
Haver de l'Alama mia qualche pietate,
Acciò senza tua scorta non si trova.
Aiutami Signor per tua bontate,
E non lasciar perir la miser' Alma,
Che non si trova al numer di dannate.
Col tu aiuto Signor spero haver Palma
Incontra di quell'empio, e gran Nemico,
Che sperava di te portar la palma.
Privata io m'ho del mio più caro amico
Ch'io havessi al modo, e del più grà riposo
E (certo) è vero più di quel ch'io dico.
Aiutami signor che più no posso,
Ch’io veggio giõte l’hor, ch’el corpo mio
Sarà spacaro in ciò la carne, e l’osso.
O sacro, & immortal, e giusto Iddio,
Pacifica ver me la tua grand’ira,
E non mi por per questo hora in oblio.
O divo raggio, ch’el bel mondo gira,
Fà che ti sia pietà la pena mia
Per cui ogn’un ne piange, e ne sospira.
O sacra, e santa, e Virgine Maria,
Fà che all’orecchie tue venga mia voce
Per me prega il tu figlio, essendo pia.
Ohime quant più star troppo minuoce
In questo mondo pien di pianto, e avaro,
Che assai conduce nell’infernal foce.
Ti prego alto Fattor non far divarro
Al spirto mio, di poi fia il corpo morto,
Ma coglie l’Alma mia nel Divin carro,
E guidami Signor al santo porto.

IL FINE.

Method of Punishment

beheading, quartering

Crime(s)

murder

Date

Printing Location

Ad instanza di Pantalon Braghetto
Stampata in Parma, con licenza de Superiori

URL

http://www.sbn.it/opacsbn/opaclib?db=solr_iccu&select_db=solr_iccu&saveparams=false&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&searchForm=opac%2Ficcu%2Ffree.jsp&y=0&do_cmd=search_show_cmd&x=0&nentries=1&rpnlabel=+Tutti+i+campi+%3D+lamento+decapitat*+%28parole+in+AND%29+&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2540and%2B%2B%2540attr%2B1%253D1016%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2540attr%2B%2B5%253D1%2B%2B%2522decapitat%2522%2B%2B%2540attr%2B1%253D1016%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2522lamento%2522&&fname=none&from=1
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1105 <![CDATA[Vn Crudelissimo, et compassioneuol caso, occorso nella cittöæ di Pauia, alli 2 d'agosto 1586. ]]> 2020-01-14T13:52:47+11:00

Title

Vn Crudelissimo, et compassioneuol caso, occorso nella cittöæ di Pauia, alli 2 d'agosto 1586.

Subtitle

Di dui gentil'huomini concorrenti in amore, con la rouina d'vna nobil casata, che da' nemici fu gittata in aria.

Synopsis

Two gentlemen in love with the same woman, their enmity causes the ruin of a noble household.
3 versions exist on EDIT16, two set in Pavia, one in Toulouse
are they songs/verse?

Date

Printing Location

In Napoli : appresso Horatio Saluiani, 1586.

URL

http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1104 <![CDATA[Un lamento che fece un detenuto condannato alla pena in vita / di Alessio Tarantoni ]]> 2020-01-14T13:14:22+11:00

Title

Un lamento che fece un detenuto condannato alla pena in vita / di Alessio Tarantoni

Printing Location

Volterra : Tip. All'insegna di San Lino, [18..?]
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1103 <![CDATA[Un Crudele et compassioneuol caso, occorso nella cittöæ di Padua. ]]> 2020-01-14T13:14:22+11:00

Title

Un Crudele et compassioneuol caso, occorso nella cittöæ di Padua.

Subtitle

De un gentil'huomo il quale hauendo per inganno de una serua ucciso il seruitore, velenata la moglie, et cauato il core alla detta fantesca, si  finalmente appiccato lui medesimo. Con il lamento che ha fatto la gentildonna innanzi la sua morte, cosa veramente inaudita degna di pietöæ.

Synopsis

In Padua, a man kills his servant with the help of his maid, then poisons his wife, and having pulled out the heart of the said kitchen-maid, then hangs himself. With the lament of the gentlewoman just before her death.

Image / Audio Credit

Roma EX0001 Biblioteca Apostolica vaticana - Stato cittöæ del Vaticano, order from Edina, EDIT16

Crime(s)

murder

Gender

Date

]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1102 <![CDATA[Spettacolo Atroce<br /> Seguito a Premilcuore]]> 2020-01-14T13:53:54+11:00

Title

Spettacolo Atroce
Seguito a Premilcuore

Subtitle

La sera del 25. Novembre 1812. della morte di Niccola Bertoni ucciso nella sua propia abitazione da Carlo suo Figlio che convinto Reo di Parricidio fu condannato alla morte, a forma delle veglianti Leggi col Taglio della mano destra, e della Testa, che venne eseguita in Firenze nel consueto luogo, il di 15 Luglio 1813.
Scritta in Ottava Rima ad uso di Storia.

Set to tune of...

Transcription

O Grande, o Sommo, ed Increato Iddio
Prestami tu soccorso nel mio canto
Acciö_ che narrar possa un caso rio
Che cader fa per tenerezza il pianto;
Se mal vel spiega il rozzo verso mio
Di prode Cantator l'arte non vanto
Ma di narrarvi solo ho gran fervore
Del gran caso seguito a Premilcuore.

Questo fatto terribile d'esempio
Serva di freno ai figli scellerati,
Ed apprenda ciascun il fiero scempio
Che provar deve in simili attentati,
Il braccio Parricida crudo ed empio
Saröæ punito; acciö_ che riservati
Vivan nell'avvenir piö_ cauti i figli
Fede prestando ai miei saggi consigli.

In Premilcuore un Artigian vivea
Che Niccola Bertoni si chiamava,
Unico Figlio al mondo egli tenea
E Carlo appunto questo si nomava
Poco del Padre suo a lui premea,
Che presso il Genitor non abitava
Pensö_ lasciarlo, e andarsene lui solo
A fare il suo mestier dentro a Corniolo

[multiple pages!]

Crime(s)

murder

Gender

Date

Execution Location

Florence
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1101 <![CDATA[Seconda parte delle rime raccolte nel compassioneuole successo di dui infelici amanti Hippolita, et Lodouico. ]]> 2020-01-14T13:54:25+11:00

Title

Seconda parte delle rime raccolte nel compassioneuole successo di dui infelici amanti Hippolita, et Lodouico.

Subtitle

Hor miseramente decapitati in Bolog. alli 3. di genaio.

Synopsis

Ippolita Pensarotti e Ludovico Landinelli

Set to tune of...

dialogues: first between Love and Death, second between Hippolita and Ludovico
Rhyme scheme: abccbddeeff
Dialogue between lovers, sonnets: abba abba cde cde

Method of Punishment

beheading

Crime(s)

murder

Gender

Date

Execution Location

Bologna

Printing Location

[Bologna] : apresso Alessandro Benacci, 1587.

Notes

missing a page of the dialogue between the lovers
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1100 <![CDATA[Relazione del lamento e morte di alcune scelerate donne, le quali hanno fatto morire i loro mariti con moltissime altre persone]]> 2020-01-14T13:55:18+11:00

Title

Relazione del lamento e morte di alcune scelerate donne, le quali hanno fatto morire i loro mariti con moltissime altre persone

Subtitle

in Roma et altri luoghi, con darli acque velenose, dove sentirete tutto il successo come proprio  seguito,

Date

Printing Location

in Foligno et in Bologna, per Domenico Barbieri, 1659, c. 1 v.
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1099 <![CDATA[Pietoso lamento che fece la signora Prudenza anconitana prima che fosse condotta alla giustizia ]]> 2020-01-14T13:56:44+11:00

Title

Pietoso lamento che fece la signora Prudenza anconitana prima che fosse condotta alla giustizia

Subtitle

coll'aggiunta di tutto il caso successo di nuovo, quanto disse, e scrisse di propria mano

Synopsis

Prudenzia Anconitana

Set to tune of...

terza rima and sonnet

Transcription

Fuggir non si puö_ mai quel che'l Ciel vuole,

Gender

Date

Printing Location

In Lucca : presso Francesco Bertini, 1818

URL

http://opac.sbn.it/opacsbn/opac/iccu/scheda.jsp?bid=IT\ICCU\RMLE\057249
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1098 <![CDATA[Pietoso Lamento che fece La Signora Prudenza Anconitana<br /> Prima che fosse condotta alla giustizia]]> 2020-01-14T13:58:10+11:00

Title

Pietoso Lamento che fece La Signora Prudenza Anconitana
Prima che fosse condotta alla giustizia

Subtitle

Coll'aggiunta di tutto il caso successo di nuovo,
quanto disse, e scrisse di sua propria mano.

Set to tune of...

Transcription

Fuggir non si puö_ mai quel che'l Ciel vuole,
E chi non crede a me risguardi e miri;
Ch'ebbi propizie Stelle, Luna e Sole.
Ed or contro di me son volti in ira
Giove, Saturno e'l furibondo Marte;
Tal ch'ogni amico mio piange e sospira:
D'Ancona io venni in la Toscana parte,
Privandomi di spassi e di piaceri,
Di quelli che puö_ far natura ed arte,
Non mascavano a me case e poderi,
Vesti, tappezzerie, robe e denari,
Cavalli, servitor, fanti e scudieri.
Or mancati mi son gli amici cari,
Per l'ingiusto sfrenato mio desio,
Sicch ciascuno alle mie spese impari.
Non mi duol tanto del mio caso rio,
Quando d'Ancona bella, e piö_ castelle,
Che doglia grande avran del morir mio.
E voi dolenti e miseri Sorelle,
Mi duol sol del mio mal per vostra amore,
Ch'avrete nuove scure, acerbe e felle.
E quel ch döæ a me pena e dolore,
Che alla dolente Madre sfortunata,
Veggio un coltel che le trapassa il core.
Quando vedröæ la mia testa tagliata
Dal delicato mio candido busto,
Colla faccia cruenta insanguinata.
Allora sentiröæ l'amaro gusto
La mia dolente Madre, e miei Figliuoli,
Sentendosi ferir dal duolo ingiusto.

E tu Lorenzo mio, s'ora ti duoli
Del caso acerbo della Madre tua,
Or di che altro mal doler ti vuoi.
Piglia la cura ormai delle tue due
Sorelle afflitte, che per amor mio
Ognuna mostreröæ le doglie sue
E tu sola mia speme, e mio desio,
O Pietro figliuol mio, tu sai ben certo,
Che quanto amar si puö_, ti ho amat'io.
Mostrate a ciaschedun chiaro ed aperto
Il vostro gran dolor con negri panni:
Poich per amor vostro quest'ho sofferto.
E voi care figliuola, in tant' affani
Siete restate senza alcuna guida,
Piangete i vostri, e li gravi miei danni.
La doglia vostra  ch'io pianga e grida,
E morir sconsolata, e mai contenta,
N ho altro dolor, che piö_ m'uccida.
Poich per voi ogni salute e spenta,
Ricorro inginocchioni al mio Signore,
Che faccia vostra voglia alfin contenta.
Io benedico voi con tutto il cuore,
E benedetto abbiate mie fatiche
Mie pene, miei affanni, e mio dolore.
Io benedico a voi tutte le brighe,
E le liti, e i travagli, ed i cordogli.
E che vi salvi Iddio di tali intrighi.
Ti prego, Signor mio, che tu raccogli
Dentro le braccia tue i miei Figliuoli,
Che della tua salute non gli spogli.

Libera, Signor mio, da questi duoli
Li grandi e piccolin di mia famiglia,
E salvi giungan a tuoi superni Poli.
Ti raccomando ancora l'altra Figlia,
E di tal pregio Iddio mi essudisca,
Che sol da me ciascun esempio piglia.
Di confortar mia Madre non ardisca,
Nessun, perch  immersa in tal martore,
Ch'arde di doglia piö_ ch'al fuoco l'isca.
Essendo io quella, ch'ogni bel tesoro
Ho posseduto al mondo, e fui felice,
Ed or dal ceppo crudelmente moro.
Ero fra tutte l'altre una Fenice,
Or son' un animal posto al macello,
Per quel peccato mio, che dir non lice.
Chi si confida al mondo, e pensa a quello
Riguardi me ch'or vado alla giustizia
In gioventö_ nel tempo mio piö_ bello.
Non valse a me favore, e amicizia
Di tanti gran Prelati e gran Signori,
Che qui non  ripar contro giustizia.
Settantacinque giorni tra'Dottori,
E medici fu visto il caso mio,
E disputato in fra Procuratori.
Il Principe Divin clemente e pio,
Non volle avermi in ciö_ remissione,
Per non offender la giustizia e Dio.
Dal primo giorno, ch'io entrai prigione,
Sempre fui certa di dover morire,
Se il luogo suo si dava alla ragione.

Ed ogni volta, ch'io sentivo aprire
L'uscio della prigion, m'immaginava,
Che in Cappella dovessi allor venire.
Ogni romor nel cor tremor mi dava,
E per gran pezzo mi batteva il petto,
Che d'ora in ora tal morte aspettava;
E quando men pensava a tal effetto,
Allor venne per me la compagnia,
Che poco piö_ se stava, andavo a letto.
Poi sentii quella porta, che s'apria,
Dissi alla mia compagna, Iddio m'ajuti,
Che io veggio l'ora della morte mia.
Poi quando c'ebbi visto e conosciuto
Colui, che aveva in seno il mio mandato.
Gli dissi, amico, a che far sei venuto?
Ecco il mio corpo pronto e preparato
A sopportar la vera penitenza,
Secondo l'error mio del mio peccato:
Ecco colei, che si fa dir Prudenza,
Bench prudenza e senno non mostrasse,
Quando offese d'Iddio l'alta Potenza.
Poi pregai ciaschedun, che m'ascoltasse,
E piö_ d'ogni altro pregai il Capitano,
Che io quella notte non m'abbandonasse.
Del che ne fu cortese, e tutto umano,
Dopai gli domandai carta ed inchiostro,
Che scriver io volea di propria mano.
Lui rispose, e disse al piacer vostro
Saröæ ciö_ che sapete domandare,
Di tutto quello, che  in poter nostro.

E subito mi fece löå portare
Da scriver notando molte cose,
Che cominciö_ ciascun a lacrimare,
Udendo le mie preci lacrimose,
Tutti li circostanti m'ascoltaro,
Come persone nobili e pietose.
Dopoi mostro mi fu quel Signor caro,
Quello che per noi volle morire,
E gustar sulla Croce fele amaro.
Poi fece il Sacerdote a me venire,
E fatta ch'ebbi la mia confessione
Io mi disposi a volentier morire.
Pregando sempre tutte le persone,
Che pregasser per me l'Eterno Iddio,
Che avesse al mio fallir remissione.
Cosi quel popol mansueto e pio,
Colla verretta in mano in mia presenza,
Fecer piö_ che non disse il parlar mio.
Dipoi con umiltade e riverenza,
Pregai tutte le Donne, e le Figliuole,
Ch'oggi esempio pigliasser da Prudenza.
Finito ch'ebbi a dir queste parole,
Inginocchion mi posi al gran supplizio,
E feci l'orazion, che far si suole.
Dicendo: Padre io vengo al sacrifizio,
Piacciati per tua gran misericordia
Donare all'alma afflitta il grato espizio.
Ed a tutti costor pace e concordia.

FINE.

Sonetto della morte di Madonna Prudenza.

Non credei, che a tanta mia bellezza
Mancasse ajuto, forza, n favore:
Ma la giustizia del preclar Signore
Poco beltade, e men favore apprezza.

Ahim, misera me! che in gran sciocchezza
Incorsi, come avviene al peccatore,
Vinta dall'ira, femminile errore,
Finöå mia vita, ed ogni mia grandezza.

Giovine nell'etöæ di ventotto anni
Offersi il capo mio alla giustizia
Per non pensar a'miei futuri danni.

E i miei cari Figliuoli in puerizia
Feci vestir per me di negri panni,
Dini strando a ciascun l'alta mestizia.













Printing Location

Lucca 1823
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https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1097 <![CDATA[Pianto, e lamento fatto da Andrea Betturino detto Stefano da Bedizzole, Lorenzo Fanello detto Gobo Strozzo di Calcinato, Battista Agnello da Manerbio, Battista Marcandello di Calzo. ]]> 2020-01-14T13:59:21+11:00

Title

Pianto, e lamento fatto da Andrea Betturino detto Stefano da Bedizzole, Lorenzo Fanello detto Gobo Strozzo di Calcinato, Battista Agnello da Manerbio, Battista Marcandello di Calzo.

Subtitle

Condannati dalla giustizia di Brescia alla morte su la forca per gravi delitti, e sassinamenti fatti, eseguita la mattina di sabbato li 3 Febraro 1720, in Brescia, 1720, nella stampa di Giacomo Turlino, c. 1 v.

Date

Printing Location

in Brescia, 1720, nella stampa di Giacomo Turlino, c. 1 v.
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https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1096 <![CDATA[Nuouo, et horrendo caso occorso in Roma, colpa del dishonesto amore di vna giouane, che ha scannato il proprio fratello, il quale hauea vcciso il suo amante]]> 2020-01-14T13:59:38+11:00

Title

Nuouo, et horrendo caso occorso in Roma, colpa del dishonesto amore di vna giouane, che ha scannato il proprio fratello, il quale hauea vcciso il suo amante

Subtitle

et affogato nel Teuere il facchino, che portaua nel fiume il detto suo fratello morto, oue s'intende l'aspra morte di questa donna. Con alcune rime composte sopra Lorenzo, & Lucretia giustitiati in Roma; cosa degna da essere intesa, per essempio d'ogniuno.

Date

Printing Location

Stampato in Roma, in Bologna, in Vicenza, et ristampato in Mantoua : per Giacomo Ruffinello, 1587.
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https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1095 <![CDATA[Lamento, e morte di Benedetto Mangone Famosissimo Capo di Banditi.]]> 2020-01-17T20:13:45+11:00

Title

Lamento, e morte di Benedetto Mangone Famosissimo Capo di Banditi.

Synopsis

http://www.archiviostoricocrotone.it/uomo_medievale/gesta_re_marco.htm:
The fierce bandit Benedetto Mangone, headed a gang of robbers who terrorized long campaigns of Eboli. Captured and brought to Naples, the bandit was placed in chains on a cart and taken to the streets to expose him to ridicule while the executioner with pincers tore the meat. Finally, April 17, 1587 at the Market was put on the wheel and killed with a hammer.

Wikipedia:
Marco Sciarra was the follower and imitator of Benedetto Mangone, of whom it is recorded that having stopped a party of travellers which included Torquato Tasso, he allowed them to pass unharmed out of his reverence for poets and poetry. Mangone was finally taken, and beaten to death with hammers at Naples.
He and his like are the heroes of much popular verse, written in ottava rima, and beginning with the traditional epic invocation to the muse. A fine example is The most beautiful history of the life and death of Pietro Mancino, chief of Banditi.[3] It begins:
äóì

"Io canto li ricatti, e il fiero ardire
Del gran Pietro Mancino fuoruscito
(Pietro Mancino that great outlawed man
I sing, and all his rage.)[3]

äó

In Kingdom of Naples, every successive revolutionary disturbance saw a recrudescence of brigandage down to the unification of 1860-1861. The source of the trouble was the support the brigands (like Carmine Crocco from Basilicata, the most famous outlaw during the Italian unification)[9] received from various kinds of manutengoli (maintainers) - great men, corrupt officials, political parties, and the peasants who were terrorized, or who profited by selling the brigands food and clothes.[3]

Set to tune of...

ottava rima

Transcription

O Fier destino, ingrata, e crudel sorte,
Che di cotanto mal fosti cagione;
Chi fece al mondo mai si horribil morte,
Come fatt'höæ il sventurato Mangone;
Ne'la campagna con tante sue scorte:
Ne regnò in lui pietà, ne compassione;
Alessandria incappollo à tradimento,
Ch'ogni nemico suo fatto hà contento.

Amati voi nemici sventurati,
Se Benedetto à voi salvo veneva,
Meglio, che al mondo non fossero nati,
Quanti tormenti darvi esso voleva;
Vi facea stare tutti stravagliati,
Ogni nemico gran pensiero haveva;
Come Lepre, che sente il Cacciatore,
Vi facea star pensosi con terrore.

Evoli, e le campagne fan gran festa,
Con le lor dolci Muse aßai sovente,
E per gran gusto crollano la testa,
Ogn' huom tener può sue voglie contente,
Dicendo, è morta la fiera tempesta,
Quello, che percotena tanta gente,
Liberi siamo senza sospettione,
Hor, che mort'è Benedetto Mangone.

Quand'era Benedetto à la campagna,
Questo Regno in travaglio facea stare,
Teneva il passo à bosco, & à montagna,
Non si potea libero praticare:
Nulla persona più sospira ò lagna,
Che più non esce allo paßo à rubare:
A[??]er ogni Fiera, ogni Mercato
Dapoi, che Benedetto fù arrotato.

Dell'aspre crudeltà, che fè Mangone
Io vò Barrarui in ogni parte, e loco,
Primo nemico suo Marco Cercione
Vivo abbruciollo dentro al vivo foco;
Senza nulla pietà, ne compassione,
Senza timor di Dio ne assai, ne poco;
Lo facea per lo foco far la tresca,
N'impalà un'altro all'v sanza Turchesca.

D'un'altro suo inimico, dirò poi,
Seppe, c'haveva al ponte di Cignono
Seicento pecorelle, havea de' suoi,
Che havan pasconlando per quel piano;
Gl'haveaammazzati altri Porci, e Buoi,
E quelle anco gli capitaro in mano,
E gli ammazzò seicento pecorelle,
Che nulla valse, ne carne, ne pelle.

In questo piano v'era un'hosteria,
Benedetto, e i compagni erano entrati,
Quando vidder venir per una via
Il Capitan d'Evoli, e molti armati,
Ogni compagno in punto si mettia
Con li schioppetti, e con li can calati,
Come fu presso sparar con furore,
Merir sei Sbirri, e lo Governatore.

Benedetto era da rabia aßalito,
Con li compagni suoi si partì in fretta,
E gionse quella sera à Santo Vito,
E d'assai Buffal fè crudel vendetta:
Di sangue era pien tutto quel sito;
O giornata crudele, empio pianetta;
E ben vi poßo dir libero, e chiaro,
Che più di settecento ne ammazzaro.

Havendo fatto poi quel gran macello,
Tutti le Buffalar fece chiamare,
Disse, pigliate il Zaino, e lo mantello.
Per altro cominciate à travagliare:
Anzi più disse à ciaschedun di quello
Siate al patrone, e fatevi pagare,
De i Bufal morti dite allo patrone,
Che gl'hà uccisi Benedetto Mangone.

Giunti li Buffalari allo patrone,
Stanchi, e lassi e tutti travagliati,
Forte piangendo per compassione,
Dallo patrone furo addimandati,
Sappi Signor, che Benedetto Mangone
Hà tutti i vostri Bufali ammazzati;
Che eruda nuova, abime, che crudel danno,
Per quelli piani tutti morti stanno.

Comincia il patrone à sospirare,
E consumava sua vita maschina;
Li Buffalari comincia à pregare,
Che non voglin veder tanta ruina;
Gli prega quelli andare à scorticare,
Et ogni Buffalar indietro camina,
Giosero alluogo, ove succeso il caso,
Benedetto li tagliò l'orecchie, e'l naso.

Havendo fatto poi quest'altro effetto,
Con li compagni suoi pose in via:
Un Medico incontrò in un boschetto;
Molti nemici suoi guarito havia,
Disse, ben venga stò Medico eletto,
Certo di voi un gran bisogno havia:
Per mille volte siate il ben trovato,
Toccami il polso, perche stò ammalato.

Il Medico lo polso maneggiava,
Sentiva nel suo petto crudel pene;
A Benedetto il Medico parlava,
E diße, Signor mio stai molto bene:
E benedetto forte replicava,
Maneggiar'a à voi il polso hor mi conviene;
Il vostro polso al mio non è uguale,
Medico mio voi state molto male.

Ti voglio una ricetta hora ordinare,
E dar ti voglio buona medicina,
Ma prima un servitial ti voglio fare
Con herba fresca, e con acqua marina:
Con le sue man le calze fè spuntare,
Appoggiato ad un cerro à testa china,
Empiè il miser di polve à dietro, à tale,
Che'l fè volar per aria senza l'ale.

Si vidde uscir da la bocca gran foco,
E un tuon, che ribombò per la foresta;
Il corpos si spartì in vario loco,
Lungi le braccia, il corpo dala testa;
Benedetto ridea del falso gioco,
Havendolo condotto à sì rea festa,
E dapoi si partì con gran diletto,
Con li compagni à far'un'altro effetto.

Bendetto Mangone alla Quaglietta
Andò poi la Domenica mattina,
Calando il cane sopra la schioppetta,
Ogni compagno dietro gli camina;
Entrò in Chiesa, e non levò beretta,
Nè salutò la potenza Divina:
Entrato, come un can rinegato,
Pigliò il Baron, che stava inginochhiato.

Pel petto l'afferrò con tal furore,
Da me, gli disse, non potrai scampare;
E della Chiesa poi lo cavò fuore,
Com'una foglia lo face a tremare;
Lo Prete si piglò tanto terrore,
La Messa non potè più celebrare,
Ma in Sacrestia si pose à fuggire
E più non puote la Messa finire.

Poi disse Benedetto à quel Barone,
Della tua vita, che pensi di fare?
Non sai, ch'io son Benedetto Mangone,
Che lo taglion ti mandai à cercare?
Più non ti gioverà sousa, ò ragione,
A pezzi, à pezzi ti voglio tagliare:
Disse il Baron, Signo non mi ammazzare,
Che quanto mi comandi voglio fare.

La Baronessa in piedi fù levata,
Fuor della Chiesa uscì male contenta,
Avanti Benedetto inginocchiata,
Lo supplicava, e nulla sì sgomenta;
Disse, Signor, non sia questa giornata,
Che del Barone mi facci scontenta;
Tanto crudel, Signor, prego no siate,



Last page:
Gionto, che fö_ Benedetto al Mercato
Una gran Ruota in alto egli vedea,
All'hora restö_ molto spaventato,
E quattro scale grandi intorno havea,
E doppo, che dal carro fö_ smontato,
Per la piö_ lunga scala sö_ salea,
Dall'altraa il Boia, e dall'atre i Confrati,
E tutti öæ un temp sö_ furno arrivati.

All'ultimo grado stava esso fermato,
La Ruota rimirava intorno, intorno,
Dicendo hai sorte, dove m'hai menato;
Ecco del viver mio l'ultimo giorno:
Vedo tutto il Mercato circondato
Di talami, e pilastri attorno, attorno,
Chi a piedi, e chi öæ cavallo öæ mirar stanno
La morte in quella Ruota in mio gran danno.

La Boia per la mano lo pigliava,
Möæ pur di Benedetto haveau sospetro,
Con bel parlare il Boia simulava,
Per sin, che al ponto puö_ legarlo stretto;
In sö_ la Ruota poi lo assentava:
Disse lo Boia certo ti prometto
Farti fare una morte dolce assai,
Et in un punto uscirai di guai.

Method of Punishment

death by hammer

Crime(s)

murder

Gender

Date

Printing Location

In Bologna, Per Gio. Domenico Moso*telli.
Con licenza de' Superiori, 1617

Notes

Google translate:
Gionto, what turned out to Benedict Market
A large wheel at the top he beheld,
All'hora remained very frightened,
And four large scales around havea,
And after that fö_ removed from the wagon,
For the longest scale upward Salea,
Across the Executioner, and on the other the Confrati,
And every time an upward öæ furno arrived.

Last grade it was stopped,
The Wheel gazed around, around,
Saying you lot, where hast brought him;
Here's my last day to live:
I see all over the market surrounded
Of the thalami, and the pillars around, around,
Who walk, and those who are gazing öæ öæ horse
The death in the wheel in my great harm.

The Executioner pigliava him by the hand,
Ma while Benedict haveau sospetro,
Nice talking with the Hangman simulated,
For sin, that the ponto can tie it tightly;
Upward the wheel then absented:
He told the Executioner certainly promise you
Make you do a very gentle death,
And at one point you exit of trouble.
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1094 <![CDATA[Lamento quale ha fato il Carotta, e suoi compagni. Di Giulio Cesare Croce ]]> 2020-01-14T13:14:22+11:00

Title

Lamento quale ha fato il Carotta, e suoi compagni. Di Giulio Cesare Croce

Set to tune of...

terza rima

Transcription

Se ben nel chiaro sante di Elleona
mai mi purgat per por germano a versi
In laude, ö_ biasmo d'alcuna persona,
Ne per formar Canzoni mi somersi
Stanze, Sonetti Ballate,  Novelle,
con uaga uensben ornati e tersi,
perö_ narrar vi uno fra l'altre belle
un Istoria qual per la grata Musa,
degna na esser cantara in le padelle
.esta al letto haver lei per Iseusa
Se mentre ella discorre, non trovasse
esser cosi limata, e ben diffusa,
perche cedo ragiona chi .. asse
la Rima, col Porta, e insieme il Case,
col dir che'l piu mechion non si trovasse.
[more pages]

Composer of Ballad

Giulio Cesare Croce

Date

Printing Location

In Modona : per Paolo Gadaldino, [1587?]

URL

http://badigit.comune.bologna.it/GCCroce/sfoglia.aspx?Num_Lib=1381
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1093 <![CDATA[Lamento et morte de Manas hebreo. Qual fö_ Tenagliato sopra un carro, & gli tagliorno una mano, e fö_ poi appicato per homicidio, & altri delitti enormi, & obbrobriosi.]]> 2020-01-14T13:59:58+11:00

Title

Lamento et morte de Manas hebreo. Qual fö_ Tenagliato sopra un carro, & gli tagliorno una mano, e fö_ poi appicato per homicidio, & altri delitti enormi, & obbrobriosi.

Subtitle

Caso successo nella Magnifica Cittöæ di Ferrara il döå ultimo d'Aprile 1590.
Per Giulio Cesare Croce.

Synopsis

Croce writes this ballad several years after the execution, and there are multiple later reprints: 1623, 1644
cf. Meryl Bailey

Set to tune of...

song with chorus
rhyme scheme: abba, cdda, effa, etc

Transcription

O Manasso traditore,
C'hai tu fatto scelerato,
Ben sei stato empio,e spietato
A commetter tal errore.
O Manasso traditore.

Che pensavi tu di fare
Dispietato, e maladetto
A commetter tal effetto,
Tanto crudo, e pien d'horrore,
O Manasso traditore.

Chi t'indusse disgratiato
A commetter tal delitto,
Chi t'havea nel capo fitto
Si bestiale, e strano humore.
O Manasso traditore.

Miser quel che si confida,
Che i peccati stiano occulti,
Perche al fin tutti gli insulti
Son palesi al gran Motore,
O Manasso traditore.

Mi credevo d'haver fatto
Questo eccesso occultamente
E passarla allegramente
Senza pena ne dolore.
O Manasso traditore.

Ma restato sou chiarito
De l'usata mia nequitia,
poi che'l Mastro di Giustitia
M'ha gratato il picciocore.
O Manasso traditore.

Hor da me prendete essempio
Tutti quanti voi Rabini
A schivare i miei Latini,
Ne cantar sul mio tenore.
O Manasso traditore.


Method of Punishment

hanging

Crime(s)

murder

Gender

Date

Execution Location

Bologna

Printing Location

In Bologna, Per gli Heredi del Cochi, al pozzo rosso da San Damian. 1623. Con licenza de' Superiori.

URL

http://badigit.comune.bologna.it/GCCroce/sfoglia.aspx?Num_Lib=521
http://books.google.com.au/books?id=-voiewiPzYUC&printsec=frontcover&dq=the+art+of+executing+well&hl=en&sa=X&ei=ZimpUp3fGo3YoATKpIGICQ&ved=0CDAQ6AEwAA#v=onepage&q=the%20art%20of%20executing%20well&f=false
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1092 <![CDATA[Lamento di Pre Agustino che si duole della sua sorte che lo habbia fatto Imperator senza imperio]]> 2020-01-14T14:01:29+11:00

Title

Lamento di Pre Agustino che si duole della sua sorte che lo habbia fatto Imperator senza imperio

Subtitle

e messagli la lingua in gioua per biastemmar, & al fin l'hanno messo in Chebba condannato a pane & acqua. Con alcuni suoi vtili aricordi. Et in fine vna Barzelletta d'un Fachino alla bergamasca.

Synopsis

priest is punished for blasphemy by being imprisoned in a wooden cage and fed only bread and water.

Set to tune of...

terza rima,
but! verse at the end is 'a joke by a porter/labourer in the Bergamasque dialect'

Transcription

Qual sorte, qual destin, qual stella, o fato,
Qual celeste ira, & qual divin flagello
In q'sta Chebba m'ha chiuso e serrato.

Son qui rinchiuso come fussi uccello,
Da ciascaduno io son riguardato,
E mostranmi dicendo, questo e quello.

Questo e quel Prete che ha biastemmato
I dio e i Santi e la Vergine pura,
E li per tal cagion l'han confinato.

Non sia chi rida della mia sciagura,
Che questa Chebba non e per me solo,
Ma di qualche altro ancho disaventura.

Festa son fatto del Veneto stuolo.
Di vecchi, e di fanciulli, huomini, e donne:
O gran sciagura, o insopportabil duolo.

Prima mi misten fra le due Colonne
Della Giustitia, ben stretto ligato,
E quel del mio dolor principio fonne.

Imperator sena imperio m'han fato
Sopra del Tribunal del Giustitia
Per haver sol di me esempio dato.

Altri con allegrezza, io con mestitia
Fui coronato, senza darmi il Scettro,
Volendomi punir de mia nequitia.

E che aprissi la bocca mi fun dietro
Il mastro Giustitier coi Capitani,
Ma i denti chiusi qual dur sasso e tetro

Molti vi furno che con parlar vani
Dic..an, lasciati por la lingua in giova.
Ahime che i lor consigli eran insani.

Questi consigli non si danno a prova:
A chi non duole suol ben scorticare,
sempre si dice; e non e cosa nova.

Molti supplici mi hebben a dare,
Perche negai di essequir l'effetto
Della Giustitia che si vol pagare.

Onde dargli la lingua fui constretto
Con gran dolor, cotto dal caldo sole,
Per in parte punir il mio diffetto.

A che piu piango, a che dico parole,
Questo all'altro mal mi parse poco,
Questo mis parse fior, rose, e viole.

Parlar vi voglio dello angusto luoco
Dove m'han posto a mezzo il Campanile,
Per dar a riguardanti festa e giuoco.

La Chebba e fatta per opra fabrile,
Ben che de legni sia la tessitura
Quadrati e longhi & non molto sottile.

Questo eccede ogn'altra mia sciagura,
Che m'han dato un bocca & un cadino
Per por il cibo de mia vita dura.

Non vi crediate che mi porgan vino,
Ma solo acqua e pan e il viver mio,
Cibo da mendicante e pelegrino.

(Vero e che per mia colpa) perche io
Giocando biastemmai senza rispetto
E dispreggiai l'eterno e vero Idio.

Voglio pur dirui quel ch'anchor n'ho detto:
Tanto hotentato Idio: e tanto tanto
L'ho provocato che qui m'ha ristretto.

Ahime che dal dolor verso un gran pianto,
Et hor cognosio di mie opre il frutto,
Che chi mal fa si cuopre d'un tal manto.

Meglio seria ch'io fussi stato mutto
Che mal parlar della divina Corte,
Non pensando a tal passo esser condutto.

Perche questo mi e peggio che la morte
Star qui duoi mesi a pan & acqua soia,
Et otto star rinchiuso nella Forte.

Ahime che dir non posso la parola
Per gran dolor: o miser me meschino,
Eglie pur vero, e non ezanza o fola.

Confesso ben d'esser pre Agustino
che in detti e in fatti tanto forte offesi
Christo, li santi, e'l Creator divino,

Onde merito ben questi duoi mesi
Star qui rinchiuso per far penitentia
Di tanti vitii, ai quali sempre attesi.

Pur voglio supplicat l'alta clementia
Che verso me al tutto non si estingua,
Ma mi voglia donar grata patientia.

Questo peggio m'e assai che haver la lingua
Per piccol spatio stretta nella giova,
Quella sententia a par di questa e pingua.

Oime ch'l par che sopra di me piova
L'ira del ciel, o accerbo supplicio,
Creder no'l puo se non colui che'l prova.

Qu'ben creder si puo che d'ogni vitio
Si chiama in colpa chi vistta rinchiusot
O crudel mio destin, o duro hospitio.

Mi porgon il mangiar per un sol buso
Con l'acqua che mi da'n vece di vino,
(E con ragion) il mio peccato accuso.

E piu mi duoi che ogni sera & mattino,
Da meggio di, e a tutte quante l'hore
Mi chiaman i fanciui, o pre Agustino.

Mi danno alcuna volta tal stridere
Che son constretto de pistarli adosso
Per isfocar alquanto in mio dolore.

Oime che dal dolor piu dir non posso,
Vengon li huomini fatti ad incitare
I fanciulletti (eh Dio) che dir non osso.

Non pensan che potrebbeno cascare
Sotto tal infortunio qual e il mio,
Ne caro harebben tal improperare.

Un buon consiglio dar vi voglio io,
Fate pur benie fuggite dal giuoco:
Non biastemmate i Santi, manco Idio.

Perche se biastemmate in questo luoco
Cionger potressi, e divenirmi eguali;
Vi dico il ver, e non vi para puoco.

Io son un papagal che non ha ali
Udite il mio cantar ch'l vi sia un dono
Haver uditi questi canti tali.

Se ben posto qui son, non pero sono
La nona, o'l vespro, ne anche il matutino,
Ma qui son posto per tuo esempio bono,

Ciascun si specchii in me Pre Agustino.
Lasciate il giuoco, biastemme, e puttane,
Se non verrete in questo mio confino.

Qui non posto per sonar campane,
Non per numerar l'hore, ma si bene
Per specchio di ciascun che cosi fane.

E questo anchor mi aggionge maggior pene
Che alcuno vi e infetto di quel vitio
Del biastemmar, che di me giuoco tiene.

Confesso ben che e stato un sacrificio
Havermi posto qui ove son misso,
Per correttion di ciascadun mio indicio.

Perche altramente giu nel terro abisso
Serei precipitato in sempiterno
Peggio che quei che Christo han crocifisso.

Per me non era scampo che in eterno
Non fusse tra dannati collocato
A consumarmi nel profondo interno.

Onde ringratio I dio che visitato
M'ha co'l flagello suo, perche cognosca
Lui esser quello che m'ha qui guidato.

Non vola pur per l'aria una sol mosca
Senza sua permission e la sua voglia,
Questo so chiaro, e non e cosa fosca.

Oime che son conquiso dalla doglia:
Offeso ho il mio Fattor, son stato empio;
Sempre mal ressi questa mortal spoglia.

Vi prego ogn'un pigliate da me esempio,
Guardate non cascar sotto il giudicio
Di Dio, del mondo, iniquo, falso & empio.

Ogn'un si emendi se da qualche vitio
E infetto, & cosi vivera in pace,
Ne qui verra ad habitar mio hospitio.

Chi fugge il vitio non e contumace,
Non si parla di lui per ogni piazza,
Come del mio diffetto ciascun face.

Qui s'ode chi m'offende, e chi m'amazza,
Glie chi me incolpa, & e chi me difende,
Chi se duol del mio mal, e chi solazza.

Perche tal frutto il tristo seme rende
Non mi duoi per giustitia esser punito,
Ma ben mi duol d'esser mostrato a dito

Da tal che piu di me I dio offende.

FINIS.


Last page:
'a joke by a porter/labourer in the Bergamasque dialect'
haff spezza in fe de D_.
e cantaui coraz sestra
vut chet gratti un po la rabia
Iha pur mess.

Cancar no uoi biastema
per no ess incoronat.
e se saro scoraza
tornaro unoter trat
al Bastio e toro v pa
con quel ui aucntezat,
e quand ege saro stizza
no diro pur malannhabbia.
Iha pur mess.

Busche Peder ua la ti
sorb pur su quei broffadel.
e no scamparef do di
se in gabbia coiosei
oi ma mettess senza, ui
d a podim sguazza oi budel.
no uioza simel plasi
per gra uolonta che nhabbia.
Iha pur mess.

Guard ef tug da di negot
che la lengua nof scappuza.
crdi cho sempr ol sanglot
che qualche corez em muza
per ol bus che zo de sot.
perche so che da la puza
nolsaref pur fa v stangott
e csi mhaf nasci la rabbia.
Iha pur mess. Finis.

Crime(s)

blasphemy

Gender

Date

Printing Location

Venice?

URL

http://books.google.com.au/books?id=FTDLiE_TbmwC&pg=PA56&lpg=PA56&dq=pre+augustino+blasphemy&source=bl&ots=EBUUkn8XZy&sig=-Lx76UApgP8CWAU3Y97yQZHyXtY&hl=en&sa=X&ei=Xru2UeeBPIfFkwXiooDwAw&ved=0CDUQ6AEwAQ#v=onepage&q=pre%20augustino%20blasphemy&f=false

Notes

Have requested 'La corruzione dei costumi veneziani nel Rinascimento', Pompeo Molmenti, article on this poem, via ArticleReach
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https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1091 <![CDATA[Lamento di Bastiano detto il Carrotta fiorentino oste, capo di ladri. ]]> 2020-01-14T14:01:59+11:00

Title

Lamento di Bastiano detto il Carrotta fiorentino oste, capo di ladri.

Subtitle

Appiccato ... in Bologna l'ultimo di Genaro 1587

Set to tune of...

song with chorus
rhyme scheme" ababba, cdcdda, efeffa
cf. Lamento del moro

Transcription

O CARROTA sventurato
c'hai tu fatto meschinello,
che qua sö_ resti attaccato
senza scarpe, n capello,
infelice tapinello
non l'hauria giöæ mai pensato.
O Carrotta

Non si pensi di fallire
l'huomo per dir ch'occulto stia
perche il tempo fa scoprire
ogni sorte giottonia;
che'l peccato fa la spia,
 l'error guida il peccato.
O Carrotta

Quant'oime stato saria
meglio öæ far de'figatelli
attendento all'hostaria,
a guazzetti, e brulardelli,
che tenir sti ladroncelli,
che qua sö_ m'han poi guidato
O Carrotta

Dispensato ho la mia vita
con puttane, e con beventi.
e de furbi un'infinita
ciurma, havevo, e de forfanti
quai facevano i Mercanti
per le terre in ogni lato.
O Carrotta

Serto so che sei maestro,
e che sai ben l'arte fare,
ma fa c'habbi un buon capestro;
che mi possa sostentare;
perche sö_ che nel callare.
darö_ un tratto smisurato.
O Carrotta

Tu giöæ vedi ch'io son frollo
pien di care, e corpolente;
e perö_ nel darmi il crollo
ti bisogna haver ben mente
che se'l Canape consente
casco in piazza fracassato.
O Carrotta

Similmente io ti prego,
c'ha si rara compagnia
tu non facci adesso niego
d'usar tanta cortesia
di scossargli tutto via
fin che'l collo havran snodato.
O Carrotta

E voi cari i miei compagni
che farete lingua al Sole
sminuite co i calcagni,
saltarelli, e cauriole,
e nel'ultime parole,
dite poco, ma garbato.
O Carrotta

A una bella tavolette
tutti noi ci riduremo
dove un gnocco, ö_ una polpetta
su i laberi avanzaremo,
e a ciascun la mostraremo
per segnal c'habbian sguazato
O Carrotta

Hor s'io havese offeso alcuno
tanto grandi, come putti
me ne pento con ogn'uno
 perdon vi chiedo öæ tutti
e fugite i vitii brutti
che l essempio v'ho lasato.
O Carrotta

Poi che, qui vi il fatto mio,
ho giöæ detto öæ buona cera
Berto so che'l tuo desio
si  attarcarmi alla renghiera,
spingi pur che volentiera
faccio il salto tracacciato.
O Carrotta

O brigata öæ Dio vi lasso.
sento Berto che mi stringne,
e per far cadermi öæ basso
nelle spalle gi`a mi spinge,
oime vedo ch'ei non finge
vostro son, io son spaciato.
O Carrotta

IL FINE.

Date

Printing Location

Stampato in Siena ; & ristampata in Perugia : per Pietropaolo O[r!la[n!do, 1587

Notes

From La vita e le opere di Giulio Cesare Croce, 444-445:

L'oste Bastiano detto il Carotta o Carota, fiorentino, teneva nella sua osteria un covo di ladri, di borsaiuoli e di baldracche coi quali divideva gli illeciti e delittuosi lucri. Scoperto, fu impiccato con una decina di soci alle finestre del palazzo Comunale l'ultimo di di gennaio 1587. Il libro dopo aver notato il nome del Carota e di undici suoi compagni, quasi tutti forastieri, aggiunge
Furono appiccati per essere stati promotori di un sollevamento, quale poi non riusci.
Dovremo credere ad un mistero, ad un delitto di iStato o ad una semplice razzia di ladruncoli come ritiene anche il Ghiselli nel suoi Annali mss.
Certo che questo fatto, sia per se, sia per la quantita degli impiccati fece un certo fracasso. Trovo infatti una, senza anno e nome, che contiene una disgraziatissima canzonetta di venti strofe di sei versi ottonari ciascuna, quando lo sono, ed il ritornello 'la'. Canzonette che fa vedere almeno quanto il Croce fosse superiore ai suoi concorrenti.

The innkeeper known as Sebastian Carotta or Carrot, Florentine kept in his tavern a den of thieves, whores and pickpockets with whom he shared the illegal and criminal lucre. Discovered, he was hanged with a dozen members from the windows of the town hall, the latest in January 1587.The book after noticing the name of Carota and eleven of his companions, nearly all foreigners, adds
They were hanged for being promoters of a lift, which then did not succeed.
We'll have to believe in a mystery, a murder of state or a simple raid of thieves as Ghiselli also believes in his Annals mss.
Of course I did this, both for itself, and for the amount of the hanged made some noise. I found in fact, without name and year, which contains a wretched song of twenty stanzas of six lines each octosyllabic, when they are, and the chorus 'la'. Ditties that shows how much Croce was superior to his competitors.
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1090 <![CDATA[Lamento della regina d'Inghilterra, nella morte del re suo marito, decapitato dal popolo d'Inghilterra. ]]> 2020-01-14T14:01:44+11:00

Title

Lamento della regina d'Inghilterra, nella morte del re suo marito, decapitato dal popolo d'Inghilterra.

Subtitle

Diretto all'illustrissimo signore abbate Centini, dall'accademico catenato detto il volubile

Synopsis

Charles I
Lament of the Queen of England, on the death of her husband, beheaded by the people of England. Directed to the illustrious Sir Abbot Centini, of the academy....

Method of Punishment

beheading

Gender

Date

Printing Location

In Macerata : nella stamparia di Serafino Paradisi, 1649

URL

http://www.sbn.it/opacsbn/opaclib?db=solr_iccu&select_db=solr_iccu&saveparams=false&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&searchForm=opac%2Ficcu%2Ffree.jsp&y=0&do_cmd=search_show_cmd&x=0&nentries=1&rpnlabel=+Tutti+i+campi+%3D+lamento+decapitat*+%28parole+in+AND%29+&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2540and%2B%2B%2540attr%2B1%253D1016%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2540attr%2B%2B5%253D1%2B%2B%2522decapitat%2522%2B%2B%2540attr%2B1%253D1016%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2522lamento%2522&&fname=none&from=2
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1089 <![CDATA[Lamento del signor Francesco Vicentino, detto il Mauro]]> 2020-01-14T13:14:22+11:00

Title

Lamento del signor Francesco Vicentino, detto il Mauro

Set to tune of...

terza rima

Transcription

Se l'ardente desio del riverderti
Mi spinse öæ cruda morte, ö_ mia colonna,
pur sperando di la, benmio goderti.
La palida tua fronte alma mia Donna,
Ch'esser solea si bella öæ par del sole,
Non mi fara cangiar pensier, ne gonna.
Ti vuö_ seguir hor che cosi il ciel vuole
Che senza te, il viver mi seria
L'esser senza (un giradin) Rose, e viole.
Adunque genuflesso Anima mia,
Ti chiedero perdon s'io fui cagione
De la tua cruda morte, acerba, e ria.
Se qui d'intorno non veggio persone,
Che testimoni sian di quel ch'io dico,
L'Amata m'udira del bell'Adone.
Ma per non gir del mio tesor mendico,
Il capo prenderö_, e in queste braccia
Stretto il terrö_, come suo caro amico.
A queste labbia öæ la pallida faccia
Rappresento sovente, com'io fecci
Essendo in vita; spesso in le me bra...
[more to transcribe]

Crime(s)

murder

Gender

Date

Printing Location

Stampata in Parma, con licenza de Superiori
Ad instanza di Pantalon Braghetto
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1088 <![CDATA[Lamento del moro, che fu appiccato in Ferrara. ]]> 2020-01-14T14:02:10+11:00

Title

Lamento del moro, che fu appiccato in Ferrara.

Subtitle

Il quale non volendo morire fece quello, che leggendo intenderete.

Synopsis

Moor receives death sentence, wants to convert but it does not result in pardon. In his attempt to escape from being hanged he pulls the ladder down on his head and neck, killing himself.

Set to tune of...

song with chorus
refrain starts 'Bonasera compagnia'
rhyme structure: ababbc, dedeec, fgfggc, hihiic,

Transcription

Bona sera Compagnia,
Se ben  inanzi disnar,
State un poco ad ascoltar
Quelche dico, in cortesia.
Bona sera Compagnia.

Di Turchia sono un Moro,
Che venuto qui in Ferrara
Fui ben visto da coloro,
Che mi havean per cosa rara;
A mie spese ogn'un impara
A non far piö_ furbaria.
Bona sera

Perche asconder n ho saputo
Come fanno i ladri veri,
In prigione fui conduto;
Ove mai hebbi pensieri:
Ma con gl altri prigioneri
Sono stato semre al quia.
Bona sera

Fui al fin pur condannato,
(Cosöå volse la Giustitia)
Ch'io meschin fossi appiccato,
Non giovando l'amicitia
Ma morir per mia tristitia,
Con doi altri in compagnia.
Bona sera

Quando seppi di morire
Mi disposi incontinente
Il Battesmo far venire,
E Christiano veramente
Fami far, perche la gente
Dicea che, non moriria.
Bona sera

Ma il pensier mi ando fallato,
Che öæ la Forca fui conduto,
Da piö_ d'uno accompagnato,
Il che mai hauria creduto
Di mori, essendo un puto
Nato Moro in Barbaria.
Bona sera

S'io pensava di morire
Non sarei salito ad alto
Sö_ la scala ma fuggire
Haria voluto con un salto;
Pur guardando poi in alto
Mi cambiai di fantasia.
Bona sera

Möæ non mai giöæ di colore
Mi cambiai, n di parlare,
Ancor ch öæ me non fece honore
Il novo mastro, che basare
Non mi volse, come fare
Suol a gl'altri, ahi sorte mia.
Bona sera

Io andar in hora mala
Con un'animo disposto
Di attaccar i pi a la scala,
Il che feci assai ben tosto:
Ma un ch'era assai discosto
Con un legno m'impedia
Bona sera

Non restai all'hor per questo
Con un piede d'attaccarmi
A un pirol, se ben fu presto
Gaspar, che volea appiccarmi
Con le man volea staccarmi:
Ma con grande tremaria.
Bona sera

Il nuovo Manigo era perso,
E non sapeve piö_ che fare
Perche mai un simil verso
Non pensava di cantare:
Ma la scal hebbe öæ voltare
Sotto sopra ahi sorte ria.
Bona sera

Cosöå sopra, & io di sotto
De la scal era attaccato,
Che pareva un Simiotto;
Restö_ ogn'un maravigliato
Di tal caso inusitato,
A veder la forza mia.
Bona sera

Se una mano haveva sciolta
Hanrei fatto tanto, dico,
Che tornato un'altra volta
Non sarebbe il mio nemico
Per levarmi da l'intrico;
Ne la scala toglier via.
Bona sera

Con i piedi, e con i denti
Feci quello, che poteva:
Ma il gridar di certe genti,
Che'l morir mio le piaceva
Insegnö_, che se toleva
Via la scala, cascheria.
Bona sera

Ohime adesso hö_ da morire,
Puttana di me, essendo sano.
Lassami star, ch'io voglio dire
In mia lingua piano piano
Che son fatto Christiano,
Non piu Turco, Giorgio sia.
Bona sera

Tu hai torto, aspetta un poco
Che vö_ dir quattro parole,
questo  pur un crudel gioco:
Ma dapoi, che cosi vuole
Quel Signor, che'l tuttopuole
Morirö_, e cosi sia.
Bona sera

Gaspar corso presto öæ basso,
E tirö_ per forza solo
Via la scala, e con fracasso
Mi percosse il capo, e'l collo
Tal che dei ultimo crollo,
E finii la vita mia.
Bona sera

Tal fu il fin del pover Moro,
Che intender non volea
Di morire con coloro,
Che appiccati pur vedea;
Per che sempre lui credea
D'haver gratia in cortesia.
Bona sera

A' vintisette di del mese
Che ciascun chiama fiorito,
Fu il Moro a le contese
Con Gaspar, il qual smarrito,
Restö_ quasi, en anco ferito,
Cio fu vero, e non bugia.
bona sera

Prenda essempio .gn.. che piglia
Robba d'altri ascosamente,
Che chi solo si consiglia
Fa un tal fin publicamente,
Non höæ amico, ne parente,
Che s'impazzi in tal genia.
Bona sera compagnia.

IL FINE.

Composer of Ballad

Giulio Cesare Croce

Date

Printing Location

In Mantova. Per l'Osanna Con licenza de' Superiori 1589

URL

http://badigit.comune.bologna.it/GCCroce/sfoglia.aspx?Num_Lib=1369
http://www.sbn.it/opacsbn/opaclib?db=solr_iccu&select_db=solr_iccu&saveparams=false&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&searchForm=opac%2Ficcu%2Ffree.jsp&y=0&do_cmd=search_show_cmd&x=0&nentries=1&rpnlabel=+Tutti+i+campi+%3D+lamento+impiccato+%28parole+in+AND%29+&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2B%2540attr%2B1%253D1016%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2522lamento%2Bimpiccato%2522&&fname=none&from=1

Notes

another version here?: In Ferrara : per il Baldini. Sotto la porta del cortile, [non prima del 1567!

http://www.sbn.it/opacsbn/opaclib?db=solr_iccu&select_db=solr_iccu&saveparams=false&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&searchForm=opac%2Ficcu%2Ffree.jsp&y=0&do_cmd=search_show_cmd&x=0&nentries=1&rpnlabel=+Tutti+i+campi+%3D+lamento+impiccato+%28parole+in+AND%29+&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2B%2540attr%2B1%253D1016%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2522lamento%2Bimpiccato%2522&&fname=none&from=1
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1087 <![CDATA[Lacrimoso pianto, e lamento fatto prima di esser giustiziato in Venezia il di 6. Luglio 1713 da Antonio Codon da Pezze' Territorio di Ciuidale di Belluno d'anni 19 in circa. ]]> 2020-01-14T14:02:37+11:00

Title

Lacrimoso pianto, e lamento fatto prima di esser giustiziato in Venezia il di 6. Luglio 1713 da Antonio Codon da Pezze' Territorio di Ciuidale di Belluno d'anni 19 in circa.

Subtitle

Per la sentenza data della sua morte, col quale esagerando li suoi falli esorta tutti a lasciarli e seguitar la via di perfezione

Date

URL

http://opac.sbn.it/opacsbn/opac/iccu/scheda.jsp?bid=IT\ICCU\VEAE\006895
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1086 <![CDATA[La sciagurata vita, E la vituperosa morte di Arrigo Gabertinga assassino da strada]]> 2020-01-14T14:02:52+11:00

Title

La sciagurata vita, E la vituperosa morte di Arrigo Gabertinga assassino da strada

Subtitle

Il quale höæ ammazzato un'infinito numero di persone, | con sei suoi figliuoli, nel Territorio di Trento.
Composta in ottava rima da Giovanni Briccio Romano, per esempio de' tristi.

Set to tune of...

ottava rima

Transcription

Signor..ie mi serve la memoria,
e insieme col giudicio, l'intelletto,
voglio cantarvi una crudel'historia
d'un perfido Villano maladetto,
il qual pensando haver nel mondo gloria
quanto piö_ mal serrava dentro al petto,
fece una vita perfida, e dogliosa,
ed una morte assai vituperosa.

Fö_ Silla anticamente crudelissimo,
e privo di pietade. e compassione,
e Nardo al Mondo fö_ sceleratissimo,
e fö_ crudele ancora il fier Nerone,
Caio non men di loro fö_ fierissimo,
non offervando pietöæ, n ragione,
ma quest'Arrigo, che convien ch'io canti,
passö_ di crudeltöæ ben tutti quanti.

Non fö_ cosöå crudel quella Medea,
che tal la tassa Ovidio con ragione,
quando scrodata d'esser qual solea,
pensö_ di seguitare il bel Giasone;
i figli uccise, e fö_ spietata, e rea,
priva d'ogni pietade, e compassione;
ma piö_ cruel fö_ assai, ed inumano
questo cattivo, e perfido Villano.

Havea il naso maccato, largo, e torto,
gli occhi piccini, larghi, e scerpellati,
gli orecchi grandi assai, di vita corto,
i denti lunghi, grossi, e cavalcati,
la bocca larga, e pallida da morto,
la fronte basta, e gli stinchi inarcati,
la barba rada, il pel negro appannato,
tutto diforme, brutto, e disgratiato.

Era costui söå perfido, e scortese,
sopra del Territorio Tridentino,
da Filignano Villa del paese,
fin dalle fasce huomo trincato, e fino;
costui sempre öæ mal far la mano tese,
sin che divenne affatto malandrino;
hor ascoltate, se saper volete,
e la dogliosa historia intenderete.

Fin da fanciullo maligno, e crudele
fö_ questo ribaldaccio sciagurato,
che rendeva alla madre amaro fele,
incontro al latte, che n'havea succhiato,
lo qual mentre tirava il dolce mele,
spesso alle zinne crudel morsi ha dato,
e venuto piö_ grande il cattivello,
mozzö_ co i denti il naso al suo fratello.

Se tal volta scherzava con i putti,
tutto facea con ira, e con dispetto,
li minacciava, e percoteva tutti,
tenendo gli una mano strettal petto,
quali erano söå mal da lui ridutti,
che fuggiuvan d'accordo il fiero aspetto
perche di mal trattarli eran suoi spassi,
con ferri, con bastoni, pugni, e sassi.

Lo messe il Padre all'arte del ferraro,
con il qual stette sol di mesi un paro,
n volse sua disgrazia, che passasse,
perche una volta gli stroppiö_ un somaro
rubbando de' danar dentro le casse,
e gridando il padron di simil festa,
con un martello gli ruppe la testa.

Provando al fine questo, e quel mestiero,
si sece poi di Vacche guardiano,
ch'erano d'un Signor detto Ruggiero,
qual contentossi sidarle in sua mano;
non giöæ per questo e gli mutö_ sentiero,
rubbando piö_ che mai a salda mano;
onde il padrone un giorno fö_ sforzato
cacciar dal suo precoio il disgraziato.

La collera lo rode, & ei si lagna,
bestemmiando la terra, il mare, il mondo,
e mentre dall'armento ei si scompagna,
spesso per sdegno girando si a tondo,
giurö_ di far si sempre all campagna
un'assassine fiero, e furibondo,
e per seguir tanta mala natura,
cercö_ per valli, e boschi ogni pianura.

Era de l'anno la stagion piö_ grata
quando costui scorreva ogni collina,
al fin in una parte ben locata
si ritiro la seguente mattina,
ove era una montagna aspra, & alzata,
che per angusto calle si camina,
piena di macchie, sterpi, tufi, e sassi,
alta poi, che parta; che'l Ciel toccassi.

Havea un cane Inglese smisurato,
quanto ch'ogn'altro si possa trovare,
il qual se lo menava sempre allato,
che teneva costume non baiare;
ma se assaltava qualche disgraziato,
l'alma dal corpo gli sacea staccare;
perche con fiero, inviperito dente
mordeva, fracassando fieramente.

Salito Arrigo alla cima del monte,
con il suo can chiamato Perromoro,
voltando quöæ, e la la fiera fronte,
cercava una spelonca, un'antro, un foro
e mentre in ciö_ tenea le voglie pronte,
ecco venir da lungi un'huomo moro,
con un'altro compagno suo assassino,
ch'ogn'un di lor si facea piö_ vicino.

Arrigo cenna il cane, il qual si aguatta,
insieme co'l patrone, in certi erbami;
e giunti gli assassini in quella fratta,
il can, senz'altro, che lo cenni, ö_ chiami,
gli assalta söå, che di valor gl'impatta,
e Arrigo, che ne stöæ tröæ rami, e rami,
spara lo schioppo, e ne colse un söå bene,
che morto allor provö_ l'ultime pene.

E mentre, che il secondo travagliato
era dal cane fier, crudo, e mordace,
che al primo assalto l'haveva arrivato,
di modo tal, che piö_ non spera pace,
Arrigo il pistolese sfoderato,
d'ira avampando, come ardente face,
menogli un colpo con tal tempo, & atto
che il mezzo morto fe morir affatto.

Restonne Arrigo di questa vittoria
tutto contento, e pieno di letizia,
e tenendo il mal far per somma gloria,
ed atto virtuoso sua nequizia;
quel che proposto havea nella memoria,
tutto riesce, onde la sua malizia
pigliando core, pensö_ seguitare,
fin che sia ricco, alla strada rubare.

Disse, e propose il perfido Villano
di non voler gia mai lasciar la strada,
se molti non ne veclde di sua mano,
e cosi vuol, che il suo disegno vada;
cosöå cercando il luogo & aspro, e piano
la spelonce trovo, che assai le quadra,
de i due ladroni, piena di bagaglie,
arme, danari, veste, e vettovaglie.

Fermossi Arrigo con molta sua festa
nella spelonca, e per gli acuti canti,
calando il monte sempre alla foresta
rubava, & uccideva i viandanti,
nascosto in una macchia di ginestra,
con spada, e archibugio, e cane avanti,
e due pistole a cinta, le qual tira
söå giuste, e ben, che mai falliva mira.

Questo ribaldo mai s'arrisigava,
se i viandanti passavano dui
perch'egli con un colpo un n'ammazzava
l'altro il can trattenea co'morsi sui;
e bene spesso con tre si provava,
mandando l'alma loro a' regni bui,
e se un scappava, ben che fusse lesto,
il can mordace lo giungeva presto.

I corpi poi di quelli, che uccideva,
nettando il sangue sopra del terreno,
nella spelonca sua gli conduceva,
per far l'animo suo contento a pieno,
i quai doppo spogliati gli metteva
in un pozzo, c'havea quel monte inseno
molto profondo tra quei dur massi,
co prendogli con erba, tronchi, e fassi.

pg 2

Stavasi il giorne all cima del monte,
che la strada vedea ben di ser miglia,
& iui alzando l'orgogliosa fronte,
volgendo bene a quel sentier le ciglia;
il numer delle genti tenea conte,
di quöæ, di löæ con somma maraviglia,
e poi se gli parcia scendeva a basso,
di lor facendo macello, e fracasso.

Et acciö_ il cane meglio s'avvezzasse,
con maniere piö_ fiere, crude, e strane,
non volle, ch'altro cibo mai mangiasse,
che degli uccisi sol le carni humane,
del resto poi, quantunque n'abbondasse,
non gli auria datao un pezzolin de pane',
tal che lo fece di si ingordo dente,
ch'assaltava, affamato fieramente.

Gente a cavallo di rado assaltava,
perche temeva di far qualche errore;
ma se un cavallo, ö_ a sine menava
carco di pane, carne, over'liquore,
nascosto, come hö_ detto, gli tirava
tröæ ramo, e ramo, questo traditore,
e conducendo ogni cosa all cava,
il padrone, e la bestia sotterrava.

O quanti semplicisti, & erbaiuoli,
che l'erbe per il mondo iuan cercando,
provorno di sua man gli ultimi duoli;
e quanti ancor, ch'andavano cacciando,
e quanti viandanti, e legnaiuoli,
che per le macchie se' ne gian tagliando,
e donne, e vecchi, e giovani, e bambini,
e frati, ed eremiti, e pellegrini.

Al tempo delle fiere poi n'andava
a ritrovar alle Cittöæ compagni,
perche sapeva dove bazzicava
tal gente che facea vita da ragni;
e cosöå ben con lor questi parlava,
promettendogli parte de'guadagnl,
e che sa rebbe tocco a ogn'un di loro
gran quantita di roba, argento, & oro.

Venite, e gli diceva, allegramente,
che vi sarö_ sempre reale amico,
ammazzeremo gran stuoli di gente,
senz'alcuna fatica, ö_ ver intrico,
richhi vi voglio fare immantinente,
tenete pur a mente ciö_, che dico,
e fatto il male havremo un luogo vago,
che non lo troverebbe Simon mago.

Cosöå dicendo seco gli menava,
mostrandogli la strada, e modo, e via,
dove molti mercanti assassinava,
che troppo a raccontar lungo saria,
con tale aiuto molti ne rubava,
abbottinando robe, e mercanzia,
poi per non far la parte de' guadagni,
udite, che faceva a'suoi compagni.

Dell'oppio si trovava haver comprato,
il quale in molle nel vino metteva,
e questo vino cosöå preparato
in tavla a cenar tutto poneva,
Arrigo senza ber, mangia affamato,
lasciando ber ogn'un quanto voleva,
i quali poi cadendo addormentati,
eron da lui con un coltel scannati.

Questo modo di far teneva spesso,
quando tal'hor gli bisognava aiuto;
ma da parte lasciamo questo adesso,
che d'un altro mal far m' souvenuto,
un giorno, che a spiare s'era messo
da l'alto monte sopra un sasso acuto,
tre donne vidde, e ben seppte contarle,
onde calö_ con fretta ad affrontarle.

Una di queste era ben giovinetta
di diciott'anni, bella, e graziosa,
che Maddalena era chiamata, e detta,
figliuola d'una donna detta Rosa;
e di mastro Faustin da Torboletta,
che l'era gia di quattro mesi sposa,
qual con due vecchie sue parenti andava
a Livigiano, ove il fratello stava.

Mentre, che queste senz alcun sospetto,
liete tra loro andavano cantando,
questo villano crudo, e maladetto,
tröæ ramo, e ramo; le stava spiando;
vidde, ch'una di loro havea un'aspetto
bello, e gentile, & un volto ammirando
allor pensö_ la giovane lasciare,
e le due vecchie compagne ammazzare.

Frenato il cane lasciar non lo volse,
acciö_ che non facesse qual ch'errore,
prima una vecchia con lo schioppo colse,
e l'altra uccise ancora con furore;
poi sopra quella giovinetta corse,
che l'aria empiva di grido, e rumore,
graffiando i crini, e la pallida faccia,
ma'l villano la giunge, e forte abbraccia.

La lega a un tronco, fin che sotterrate
hebbe le vecchie nell'oscura conca,
e poi la mena per le dirupate,
e salvatiche vie, nella spelonca,
dove le fantasie triste, e sfrenate
contente fece, e la vergogna tronca,
con dir, che non dovesse piö_ temere,
che la teneva sol per suo piacere.

Arrigo si godea la giovanetta,
ma perch'egli era tristo, e sospettoso
mai la volle perö_ lascia soletta,
pensando al peggio, come malizioso;
ma nel partire la legava stretta
cun le catene; a un tronco assai nodoso,
che se ben qualche amore gli portava,
non per questo perö_ se ne fidava.

La donna, che non vede alcuna via
per ulcir dalle man del villano,
coprendo tanto sdegno, e voglia ria,
mitiga il pianto, e mostra volto umano,
e con un finto amore, e cortesia
fine d'amarso con un ben soprano,
e questo amore tanto ben fingeva,
che il sciagurato affatto lo credeva.

Ma non festa pero quella regare
quando tal'hor gli convenia partire;
e quel ch' peggio, e piö_ crudo a narrare
& a lei cresce il celato martire,
che pregna essendo la lasciava stare,
fin che giunt'era il temp a partorire,
e fatto questo il fanciullo pigliava,
e torcendogli il collo l'ammazzava.

Et uccidendo quegli, egli diceva,
e che pensate figli ribaldacci,
Arrigo non  goffo soggiungeva,
che non vuol nella grotta quest'impacci
alcuni sopra un tronco gli appendeva,
altri scannava come si föæ i bacci,
e morti, ch'eran, gli dicea crescete,
e datemi fastidio se potete,

In otto anni, ch'insieme dimoraro,
hebbero sei figliuoli, i quali tutti
al primo tratto gli mandö_ del paro;
ö_ infelici, e meschinelli putti,
che ben nascesti in punto tristo, e amaro
dalle paterne man söå mal ridutti:
ove s'udöå giöæ mai tant'impietade,
& in un padre tanta crudeltade?

Pensate, che dolor havea nel petto
quell'infelice, e sconsolata madre,
veder ogni figliolo a lei diletto,
morir a forza per le man del padre,
pur cela dentro al cor l'ira, e'l dispetto,
fingendo lei tal mal con voglie ladres,
mostrando con i suoi finti consigli,
non si curar della morte de' figli.

Alla fin non potendo piö_ nel core
tener celato tanto sdegno, & ira,
lei vöæ tra se pensando a tutte l'hore,
e molte cose tra la mente gira;
ferirlo di sua mano höæ gran timore,
che non riesca, tal ch'ella sospira,
e di fuggirgli via non puö_ far niente,
perche a guardarla  troppo diligente.

pg 3

Pensa, e ripenta, e dopo haver pensato,
ritrova un modo, & eseguisce tosto,
e questo fö_, che reneva spiato
dove il sonnifero oppio era nascosto,
e tanto cerca, che al fin l'höæ trovato,
il quale dentro al vin presto l'ha posto,
Arrigo beve senz alcun sospetto,
e cadde addormentato accanto al letto.

Quando la donna lo vedde ronfare,
corse a pgliar la sua propria catena,
la qual di ferro haveva un gran collare
con un lucchetto di gagliarda lena,
la chiaque prima gli volle levare,
quando, che addormentossi dopo cena,
quella gli mette al collo, e serra a chiave
raccomandata a sasso molto grave.

Doppo, ch'il manigoldo hebbe legato,
con quel laccio, che fu legata lei,
e che ben forte gli habbe incatenato
il corpo a man (con le manette) e' piei,
lasciando quello cosöå addormentato,
piglia una torcia, che ve n'eran sei,
n ricordodosi ella ove si vada,
il can sciolto gli facea la strada.

Calata la montaga, cacciö_ il cane,
non piu volendo quello in compagnia,
e cosi andando per vie torte, e prane,
non ritrovando mai niun per la via;
avvicinossi alle paterne tane,
alla Cittöæ, dout [dov?] la sua genöåa ,
ch'otto anni gia per morta avean tenuta
e alla sprovvista entrando gli saluta.

Hora lasciamo andare l'allegrezza,
che fece il padre vedendo la figlia,
e de' parenti quella contentezza,
la qual cresceva in lor piö_ maraviglia,
e lei narrando allor la crudelezza
d'Arrigo, a rutti fe inarcar le ciglia,
narrandogli la morte de' figliuoli,
e d'altre genti anco infiniti stuoli.





END VERSES
Giunto alla piazza, & il scalon montato,
si lagna, e si lamenta piö_ che mai,
sopra la Rota essendo poi legato,
verso di lui venendo gente assai,
morde la lingua, e stride il disgratiato,
mentre convien provar gli ultimi guai,
si torce tutto, ma sta cosi stretto,
che in vano tenta oprar le mani, e'spetto

All'hora il Boia con mazza ferrata,
ogn'un gridando, dagli all'assassino,
prima una botta a'piedi gli hebbe data,
gridando fuor di modo il Malandrino,
all'altro piede l'hebbe replicata
di nuovo stride, per suo mal destino,
cosöå ogni membro picchiato molesta,
salvandoli col petto sol la testa.

Per dargli poi maggior pena, e tormento,
che tanto il suo misfatto permettea,
durö_ tre giorni vivo in quello stento,
e sempre novo popolo correa,
buttandogli per bocca un'alimento,
che in vita con piö_ stento lo tenea.
al fin questo ribaldo disgratiato,
stringendo i denti mandö_ fuora il fiato.

Crime(s)

murder

Gender

Execution Location

Trento

Printing Location

In Firenze, et in Pistoia, per Pier'Antonio Fortunati. Con licenza de' Superiori.
ŒÁPistoia! In Firenze, et in Pistoia : per Pier'Antonio Fortunati
Œ‡ Pubblicata tra il 1625 e il 1666, anni di attivitöæ del tipografo (cfr. BL Italian 17th cent., p. 1060)

Notes

ottava rima
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1085 <![CDATA[La scelerata vita e vituperosa morte di Angelo Secchiarolo, detto Bigarato]]> 2020-01-14T14:03:54+11:00

Title

La scelerata vita e vituperosa morte di Angelo Secchiarolo, detto Bigarato

Subtitle

nuovamente occorsa nella cittöæ di Ancona, adi 11. Giugno dell'anno 1729. Composta in ottava rima

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Date

URL

http://www.maremagnum.com/libri-antichi/scelerata-vita-vituperosa-morte-di-angelo-secchiarolo-detto/116637397

Notes

In-16 p. (mm. 154x95), bross. muta coeva, pp. (8), con vignetta xilografica al frontesp. äóìPer diversi omicidii da lui commessi, e per non volersi mai confessare, ed invocare i Santissimi Nomi di Gesö_, e di Maria,  stata portata l'Anima sua, e poi il Corpo medesimo a Casa del Diavoloäó.
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1084 <![CDATA[Il piatoso lamento che fece M. Prudenzia prima che fusse condotta alla giustizia. ]]> 2020-01-14T14:04:32+11:00

Title

Il piatoso lamento che fece M. Prudenzia prima che fusse condotta alla giustizia.

Subtitle

Con la nuoua giunta di tutto il caso successo di quanto disse & scrisse di man propria

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Notes

Prudenza Anconitana
same as BL version?
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1083 <![CDATA[Il piatoso lamento che fece M. Prudentia prima che fusse condotta all Giustitia.]]> 2020-01-14T14:05:31+11:00

Title

Il piatoso lamento che fece M. Prudentia prima che fusse condotta all Giustitia.

Subtitle

Con la nuova giunta di tutto il caso successo di quanto disse & scrisse di man propria.

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Transcription

Fuggir non si puo mai q'l chel ciel vuole
& chi nol crede a me risguardi e mira
c'hebbi propitie Stelle, Luna, e Sole,
Et hor contra di me son volti in ira
Gione, Saturno, el'furibondo Marte
tal ch'ogni amico mio piange & sospira
D'Ancona io venni in le Toscane parte
pivandomi di spassi & di piaceri
di quelli che puo far natura & arte
Non mancavano a me Case e Poderi,
Veste, Tapezerie, Robe, & Danati,
Cavalli, Servitor, Fante, & Scudieri,
Hor mancati mi son mia amici cari
per l'ingiusto & sfrenato mio desio
si che ciascuno alle mie spese impari
Non mi duol tanto del mio caso rio
quanto d'Ancona bella & piu castelle
che doglia grande haran del morir mio
E voi dolente, e misere sorelle
mi duole del mio mal per vostro amore
c'harete nuove oscure acerbe & felle
Et quel che da a me pena & dolore
ch'alla dolente madre sfortunata
veggio un coltel che li trapassa il core
Quando vedra la mia testa tagliata
dal delicato mio candido busto
con la faccia cruenta & sanguinata
Allhora sentirai l'amaro gusto
la mia diletta Madre e miei figliuoli
sentendosi ferir del duol ingiusto
Et tu Lorenzo mio s'hor non ti doli
del caso acerbo della Madre tua
hor di ch'altro mal doler ti vuoli
Piglia la cura hormai delle tue dua
Sorelle afflitte che per amor mio
ogn'una mostrara la doglia sua
Et tu sola mia speme & mio desio
o Pier figliuol mio car tu sai ben certo
& quanto amar si puo te ho amato io,
Mostrate a ciasche dun chiato & aperto
il vostro grave dolor con negri panni,
poi che p[er?] vostro amor quest'ho sofferto
Et voi care figliuole che in tanti affanni
siate restate senza alcuna guida
piangere i vostri & li miei gravi danni,
La doglia vostra fa ch'io pianga & strida
& morir sconsolata & mal contenta
ne ho altro dolor che piu mi uccida
Poi che per voi ogni salute e spenta
ricorro inginocchion dal mio Signore
che faccia vostra voglia al fin contenta
Io benedico voi con tutto il core
& benedette habbiate mie fatiche
mie pene, miei affanni & mio dolore
Io benedico a voi tutte le brighe
le lite, li travagli & i cordogli
& che vi salvi Iddio di tali intrighi,
Ti priego Signor mio che tu ricogli
inelle braccia tua li miei figliuoli
che della tua salute non si spogli
Libera Signor mio da questi duoli
li grandi & piccolin di mia famiglia
& salvi giunga a tuoi superni poli
Ti raccomando l'una & l'altra figlia
& di tal priego Iddio mi esaudisca
che sol da me ciascun l'esempio piglia
Di confortar mia Madre non ardisca
nessun perche e inmersa in tal martoro
ch'arde di doglia piu ch'al fuoco lisca
Essendo io quella ch'ogni bel tesoro
ho posseduto al mondo & fu felice
& hor dal ceppo crudelmente io moro,
Io ero gia fra tutte una fenice
hor sono un animal posto al macello,
per quel peccato mio ch'adir non lice,
Chi si confida al mondo & pensa in quello
risguardi me c'hor vado alla giustitia
in fioventu nel mio viver piu bello
Non valse a me favor ne amicitia
di tanti gran Prelati & gran Signori
che qui non e ripar contra giustitia
Settantacinque giorni tra dottori
& Medici fu visto il caso mio
& disputato in fra Procuratori
Il Principe divin clemente & pio
non volse havermi in cio remissione,
per non offender la giustitia & Dio
Dal primo giorno ch'io entrai in prigione
sempre fu certa del dover morire
se il loco suo si dava all ragione
Et ogni volta ch'io sentiva aprire
l'uscio della prigione immaginava
che in Cappelle dovesse allhor venire
Ogni romor nel cor tremor mi dava
& per gran pezzo mi batteva il petto
che d'hora in hora tal morte aspettava
Et quando men pensava a tale effetto
allhor venne per me la compagnia
che poco piu che stava andava a letto
Poi senti la mia porta che s'apria
dissi alla mia compagna i Dio m'aiuti
ch'io veggio l'hora della morte mia
Poi quando c'hebbi visti & conosciuti
color che havea in seno il mio mandato
gli dissi amici a che far qui venuti
Ecco il mio corpo pronto & preparato
a sopportar la vera penitentia
secondo l'error mio e'l mio peccato
Ecco colei che si fa dir Prudentia
benche prudentia & senno non mostrasse
quando offesi di Dio l'alta potentia
Poi pregai ciaschedun che m'ascoltassi
& piu d'ognaltro pregal'Capitano
che in quella notte non m'abbandonassi
Del che ne fu cortese & tutto humano
dipoi gli domandai carta & inchiostro,
ch'io volea scriver di mia propia mano,
Lui mi rispose & disse al piacer vosro
fara cio che saprete adimandare
di tutto quel ch'aspetta al poter nostro
Et subiro mi fece li portare
da scrivere & notando molte cose
che comincio ciascun a lachrimare
Odendo le mie prece lachrimose
tutti li circonstanti m'ascoltaro
come persone nobile & pietose
Dipoi mostro mi fu quel Signor caro
quello che sol per noi volse morire
& gustar su la Croce il fele amaro
Poi fece il Sacerdote a me venire
& fatto c'hebbe mia confessione
io mi disposi volentier morire
Pregando sempre tutte le persone
che pregassin per me l'eterno Dio
che havesse al mio fallir remissione
Cosi quel popol mansueto & pio
con la berretta in mano in mia presentia
fecion piu che non disse il parlar mio
Di poi conhumilta & reverentia
pregai tutte le donne & le figliuole
che pigliassin esempio da Prudentia
Finito c'hebbi a dir queste parole
ingenocchion mi posi al gran supplitio
& fe l'oration che far si suole
Dicendo, Padre io vengo al sacrifitio
piacciati per la tua misericordia
donare a lalma afflitta il grato hospitio
& a tutti costor pace & concordia.


Sonetto della morte di Madonna Prudentia

Non erebbi mai che a tanta mia bellezza
mancassi aiuto, sforzo ne favore
ma la giustitia del preclar Signor
poco belta, & men favor apprezza,
Hayme misera me che in gran sciochezza
incorsi come aviene al peccatore
vinta dal ira & feminil errore
fini mia vita & ogni mia grandezza
Giovine di mia eta di vent'otto anni
offersi il capo mio alla giustitia
per non pensar a suoi futuri danni
Et li miei car figliuoli in pueritia
feci vestir per me di negri panni
dimostrando a ciascun l'alta mestitia.


Date

Printing Location

Florence In Fiorenza presso al Vescovado
MDLVII del mese di Giugno.
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1082 <![CDATA[Il miserabile et compassioneuol caso della morte della illustrissima signora Vittoria Acorambona, successo nella citta di Padoa. ]]> 2020-01-14T14:05:46+11:00

Title

Il miserabile et compassioneuol caso della morte della illustrissima signora Vittoria Acorambona, successo nella citta di Padoa.

Subtitle

Co'l nome, & cognome delli malfattori; & come siano stati giustitiati conforme al delitto loro.

Synopsis

cf. other pamphlet:
Il miserabile compassioneuol caso, successo nella citta di Padoua. Con li nomi, & cognomi delli morti, condennati & assoluti, & il tempo della condennatione.

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prose

Date

Printing Location

In Brescia : [Vincenzo Sabbio], 1586.

Notes

Vittoria Accoramboni (15 February 1557 äóñ 22 December 1585) was an Italian lady famous for her great beauty and accomplishments and for her death, a story that was later the basis for a play and three novels.

She was born in Gubbio, the tenth child in a family belonging to the minor nobility of Gubbio, which migrated to Rome with a view to bettering their fortunes. After refusing several offers of marriage for Vittoria, her father betrothed her to Francesco Peretti, a man of no position, but a nephew of Cardinal Montalto, who was regarded as likely to become pope.

Vittoria was admired and worshipped by all the cleverest and most brilliant men in Rome, and being luxurious and extravagant although poor, she and her husband were soon plunged in debt. Among her most fervent admirers was Paolo Giordano I Orsini, duke of Bracciano, one of the most powerful men in Rome. Her brother Marcello, wishing to see her the duke's wife, had Peretti murdered (1581). The duke himself was suspected of complicity, inasmuch as he was believed to have murdered his first wife, Isabella de' Medici. Now that Vittoria was free he made her an offer of marriage, which she willingly accepted, and they were married shortly after.

But her good fortune aroused much jealousy, and attempts were made to annul the marriage; she was even imprisoned, and only liberated through the intervention of Cardinal Carlo Borromeo. On the death of Pope Gregory XIII, Cardinal Montalto, her first husband's uncle, was elected in his place as Sixtus V (1585); he vowed vengeance on the duke of Bracciano and Vittoria, who, warned in time, fled first to Venice and thence to Salö_ in Venetian territory. Here the duke died in November 1585, bequeathing to his widow all his personal property. The duchy of Bracciano passed to his son by his first wife.

Vittoria, overwhelmed with grief, went to live in retirement at Padua, where she was followed by Lodovico Orsini, a relation of her late husband and a servant of the Venetian republic, to arrange amicably for the division of the property. But a quarrel having arisen in this connection, Lodovico hired a band of bravos and had Vittoria assassinated at the end of 1585. He himself and nearly all his accomplices were afterwards put to death by order of the republic.
Popular culture

Her story formed the basis of John Webster's drama, The White Devil, or The Tragedy of Paolo Giordano Ursini, Duke of Brachiano (1612), of Stendhal's novella Vittoria Accoramboni (1837-1839), of Ludwig Tieck's novel, Vittoria Accoramboni (1840) and of Robert Merle's novel l'Idole (1987) published in English translation as Vittoria.
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1081 <![CDATA[Il miserabile compassioneuol caso, successo nella citta di Padoua. ]]> 2020-01-14T13:14:22+11:00

Title

Il miserabile compassioneuol caso, successo nella citta di Padoua.

Subtitle

Con li nomi, & cognomi delli morti, condennati & assoluti, & il tempo della condennatione.

Synopsis

The date is arrived at by the events narrated in the text: the assassination of Vittoria Accoramboni.

Image / Audio Credit

Roma EX0001 Biblioteca Apostolica vaticana - Stato cittöæ del Vaticano, EDIT16

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prose

Date

URL

http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm

Notes

Vittoria Accoramboni (15 February 1557 - 22 December 1585) was an Italian lady famous for her great beauty and accomplishments and for her death, a story that was later the basis for a play and three novels.

She was born in Gubbio, the tenth child in a family belonging to the minor nobility of Gubbio, which migrated to Rome with a view to bettering their fortunes. After refusing several offers of marriage for Vittoria, her father betrothed her to Francesco Peretti, a man of no position, but a nephew of Cardinal Montalto, who was regarded as likely to become pope.

Vittoria was admired and worshipped by all the cleverest and most brilliant men in Rome, and being luxurious and extravagant although poor, she and her husband were soon plunged in debt. Among her most fervent admirers was Paolo Giordano I Orsini, duke of Bracciano, one of the most powerful men in Rome. Her brother Marcello, wishing to see her the duke's wife, had Peretti murdered (1581). The duke himself was suspected of complicity, inasmuch as he was believed to have murdered his first wife, Isabella de' Medici. Now that Vittoria was free he made her an offer of marriage, which she willingly accepted, and they were married shortly after.

But her good fortune aroused much jealousy, and attempts were made to annul the marriage; she was even imprisoned, and only liberated through the intervention of Cardinal Carlo Borromeo. On the death of Pope Gregory XIII, Cardinal Montalto, her first husband's uncle, was elected in his place as Sixtus V (1585); he vowed vengeance on the duke of Bracciano and Vittoria, who, warned in time, fled first to Venice and thence to Salö_ in Venetian territory. Here the duke died in November 1585, bequeathing to his widow all his personal property. The duchy of Bracciano passed to his son by his first wife.

Vittoria, overwhelmed with grief, went to live in retirement at Padua, where she was followed by Lodovico Orsini, a relation of her late husband and a servant of the Venetian republic, to arrange amicably for the division of the property. But a quarrel having arisen in this connection, Lodovico hired a band of bravos and had Vittoria assassinated at the end of 1585. He himself and nearly all his accomplices were afterwards put to death by order of the republic.
Popular culture

Her story formed the basis of John Webster's drama, The White Devil, or The Tragedy of Paolo Giordano Ursini, Duke of Brachiano (1612), of Stendhal's novella Vittoria Accoramboni (1837-1839), of Ludwig Tieck's novel, Vittoria Accoramboni (1840) and of Robert Merle's novel l'Idole (1987) published in English translation as Vittoria.
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1080 <![CDATA[Il lamento et la morte di Benedetto Mangone, capo di banditi nel regno di Napoli, con li crudelissimi assassinamenti che lui faceva in Campagnia. ]]> 2020-01-14T14:06:20+11:00

Title

Il lamento et la morte di Benedetto Mangone, capo di banditi nel regno di Napoli, con li crudelissimi assassinamenti che lui faceva in Campagnia.

Subtitle

Come fu pigliato in Alessandria dalla Paglia vestito da pellegrino e condotto a Napoli dove fu attanagliato et arrotato,

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Date

Printing Location

stampato in Firenze, appresso Zanobi Bisticci, l'anno 1605.

Notes

Wikipedia 'brigandage'
Until the middle of the 19th century Italy was divided into small states, so that the brigand who was closely pursued in one could flee to another. Thus it was that Marco Sciarra-illo of the Abruzzi, when hard pressed by the Spanish viceroy of Naples - just before and after 1600 - could cross the border of the papal states and return on a favourable opportunity. When pope and viceroy combined against him he took service with Venice, from whence he could communicate with his friends at home, and pay them occasional visits. On one such visit he was led into a trap and slain.[3]

Marco Sciarra was the follower and imitator of Benedetto Mangone, of whom it is recorded that having stopped a party of travellers which included Torquato Tasso, he allowed them to pass unharmed out of his reverence for poets and poetry. Mangone was finally taken, and beaten to death with hammers at Naples. He and his like are the heroes of much popular verse, written in ottava rima, and beginning with the traditional epic invocation to the muse. A fine example is The most beautiful history of the life and death of Pietro Mancino, chief of Banditi.[3] It begins:
äóì

"Io canto li ricatti, e il fiero ardire
Del gran Pietro Mancino fuoruscito
(Pietro Mancino that great outlawed man
I sing, and all his rage.)[3]

äó

In Kingdom of Naples, every successive revolutionary disturbance saw a recrudescence of brigandage down to the unification of 1860-1861. The source of the trouble was the support the brigands (like Carmine Crocco from Basilicata, the most famous outlaw during the Italian unification)[9] received from various kinds of manutengoli (maintainers) - great men, corrupt officials, political parties, and the peasants who were terrorized, or who profited by selling the brigands food and clothes.[3]

In Sicily, in 1866 two English travellers, Mr E. J. C. Moens and the Rev. J. C. Murray Aynesley, were captured and held to ransom. Mr Moens found that the manutengoli of the brigands among the peasants charged famine prices for food, and extortionate prices for clothes and cartridges.[3]
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https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1079 <![CDATA[Il lagrimoso lamento della mag.ca mad.a Hippolita Passerotti bolognese. ]]> 2020-01-14T14:07:55+11:00

Title

Il lagrimoso lamento della mag.ca mad.a Hippolita Passerotti bolognese.

Subtitle

Qual fu decapitata in Bologna adi 3. di Genaio 1587. con il magnifico M. Ludouico Landinelli. Nuouamente posto in luce. Per M. Marc'Antonio Ferrari bolognese.

Synopsis

Ippolita Pensarotti and Ludovico Landinelli

Set to tune of...

Transcription

AHI dispietata, & inhumana sorte,
Nemica sempre a me tu sci pur stata,
Ne abandonata m hai per sin' a morte,
Contraria fusti a me da poi che nata;
Fui, dal ventre materno, e cosi strana,
Piu ch'Orsa, o Tigre, in ver di me arabbiata.
Sei stata, a me crudel' perversa e vana,
Fortuna ingrata, maledette, e ria,
Che seguir mi volesti, ö_ cruda, ö_ strana.
Tu mi fusti crudel', ma non mai pia,
Et mi tenesti sempre in guai, e pianti
E quivi mi troncasti tö_ la via.
Non valse a me virtö_, suoni, ne canti;
Che mi tenevan grata a l altre donne,
Me li hai hor tun conversi in duri pianti.
Vestir pur mi solea di Bianche gonne,
Di panni neri tu m'hai fatto un dono,
Quai denotan a me pena e passione.

[more]

Veggio ch'apertö_ hai lo Sante Braccie,
Sopra del legno della Santa Croce,
Tu il Demonio da me lunge discaccia.
A te rivolgo gl'occhi, e con la voce,
Per don ti chieggio, ahime del min fallire
Il qual tanto mi duole, e tanto nuoce.
Fa che quest* alma possa in Ciel salire,
A riposar fra l'angeliche squadre,
Che divernirvi, e pur il suo desire.
So pur Signo che con voglie leggiadre,
Tu perdonasti gia a quel ladro, quando,
Raccomandasti l'alma el spirto al Padre.
Eccomi, ch'io vengo seguitando,
Il santo e scur stendar do della morte,
E le tue pene vengo contemplando
Ho tu del Ciel benigne santa Corte,
Dinanzi al tribunal del gran motort,
Siate vi prego side e degna scorte.
Ho regina sacrata a tutte l'hore,
Prega il tuo siglio che mi dia fortezza,
Contra il salso Nemico traditore
E dona all'alma mia pace e allegrezza.
IL FINE.

Composer of Ballad

Ferrari, Marc'Antonio

Method of Punishment

beheading

Crime(s)

murder

Gender

Date

Execution Location

Bologna

Printing Location

In Bologna : appresso Alessandro Benacci, [1587?].

URL

http://books.google.com.au/books?id=lAEYAAAAYAAJ&pg=RA1-PA64&lpg=RA1-PA64&dq=Hippolita+Passerotti+decapitata&source=bl&ots=SDPV-4PEFs&sig=4VAp_sIUWQyL5V9UKlDxhxp9kCI&hl=en&sa=X&ei=ZFq5UdjwIsaWkgWFiYHQDQ&ved=0CDkQ6AEwAg#v=onepage&q=Hippolita%20Passerotti%20decapitata&f=false

Notes

cf: Croce verses on same topic, Meryl Bailey
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https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1078 <![CDATA[Il lacrimoso lamento, che fece la Signora Prudentia Anconitana. ]]> 2020-08-03T21:03:45+10:00

Title

Il lacrimoso lamento, che fece la Signora Prudentia Anconitana.

Subtitle

Prima che fosse condotta alla giustitia, per hauere auuelenato il suo marito.

Set to tune of...

Transcription

Fuggir non si puo mai q'l chel ciel vuole
& chi nol crede a me risguardi e mira
c'hebbi propitie Stelle, Luna, e Sole,
Et hor contra di me son volti in ira
Gione, Saturno, el'furibondo Marte
tal ch'ogni amico mio piange & sospira
D'Ancona io venni in le Toscane parte
pivandomi di spassi & di piaceri
di quelli che puo far natura & arte
Non mancavano a me Case e Poderi,
Veste, Tapezerie, Robe, & Danati,
Cavalli, Servitor, Fante, & Scudieri,
Hor mancati mi son mia amici cari
per l'ingiusto & sfrenato mio desio
si che ciascuno alle mie spese impari
Non mi duol tanto del mio caso rio
quanto d'Ancona bella & piu castelle
che doglia grande haran del morir mio
E voi dolente, e misere sorelle
mi duole del mio mal per vostro amore
c'harete nuove oscure acerbe & felle
Et quel che da a me pena & dolore
ch'alla dolente madre sfortunata
veggio un coltel che li trapassa il core
Quando vedra la mia testa tagliata
dal delicato mio candido busto
con la faccia cruenta & sanguinata
Allhora sentirai l'amaro gusto
la mia diletta Madre e miei figliuoli
sentendosi ferir del duol ingiusto
Et tu Lorenzo mio s'hor non ti doli
del caso acerbo della Madre tua
hor di ch'altro mal doler ti vuoli
Piglia la cura hormai delle tue dua
Sorelle afflitte che per amor mio
ogn'una mostrara la doglia sua
Et tu sola mia speme & mio desio
o Pier figliuol mio car tu sai ben certo
& quanto amar si puo te ho amato io,
Mostrate a ciasche dun chiato & aperto
il vostro grave dolor con negri panni,
poi che p[er?] vostro amor quest'ho sofferto
Et voi care figliuole che in tanti affanni
siate restate senza alcuna guida
piangere i vostri & li miei gravi danni,
La doglia vostra fa ch'io pianga & strida
& morir sconsolata & mal contenta
ne ho altro dolor che piu mi uccida
Poi che per voi ogni salute e spenta
ricorro inginocchion dal mio Signore
che faccia vostra voglia al fin contenta
Io benedico voi con tutto il core
& benedette habbiate mie fatiche
mie pene, miei affanni & mio dolore
Io benedico a voi tutte le brighe
le lite, li travagli & i cordogli
& che vi salvi Iddio di tali intrighi,
Ti priego Signor mio che tu ricogli
inelle braccia tua li miei figliuoli
che della tua salute non si spogli
Libera Signor mio da questi duoli
li grandi & piccolin di mia famiglia
& salvi giunga a tuoi superni poli
Ti raccomando l'una & l'altra figlia
& di tal priego Iddio mi esaudisca
che sol da me ciascun l'esempio piglia
Di confortar mia Madre non ardisca
nessun perche e inmersa in tal martoro
ch'arde di doglia piu ch'al fuoco lisca
Essendo io quella ch'ogni bel tesoro
ho posseduto al mondo & fu felice
& hor dal ceppo crudelmente io moro,
Io ero gia fra tutte una fenice
hor sono un animal posto al macello,
per quel peccato mio ch'adir non lice,
Chi si confida al mondo & pensa in quello
risguardi me c'hor vado alla giustitia
in fioventu nel mio viver piu bello
Non valse a me favor ne amicitia
di tanti gran Prelati & gran Signori
che qui non e ripar contra giustitia
Settantacinque giorni tra dottori
& Medici fu visto il caso mio
& disputato in fra Procuratori
Il Principe divin clemente & pio
non volse havermi in cio remissione,
per non offender la giustitia & Dio
Dal primo giorno ch'io entrai in prigione
sempre fu certa del dover morire
se il loco suo si dava all ragione
Et ogni volta ch'io sentiva aprire
l'uscio della prigione immaginava
che in Cappelle dovesse allhor venire
Ogni romor nel cor tremor mi dava
& per gran pezzo mi batteva il petto
che d'hora in hora tal morte aspettava
Et quando men pensava a tale effetto
allhor venne per me la compagnia
che poco piu che stava andava a letto
Poi senti la mia porta che s'apria
dissi alla mia compagna i Dio m'aiuti
ch'io veggio l'hora della morte mia
Poi quando c'hebbi visti & conosciuti
color che havea in seno il mio mandato
gli dissi amici a che far qui venuti
Ecco il mio corpo pronto & preparato
a sopportar la vera penitentia
secondo l'error mio e'l mio peccato
Ecco colei che si fa dir Prudentia
benche prudentia & senno non mostrasse
quando offesi di Dio l'alta potentia
Poi pregai ciaschedun che m'ascoltassi
& piu d'ognaltro pregal'Capitano
che in quella notte non m'abbandonassi
Del che ne fu cortese & tutto humano
dipoi gli domandai carta & inchiostro,
ch'io volea scriver di mia propia mano,
Lui mi rispose & disse al piacer vosro
fara cio che saprete adimandare
di tutto quel ch'aspetta al poter nostro
Et subiro mi fece li portare
da scrivere & notando molte cose
che comincio ciascun a lachrimare
Odendo le mie prece lachrimose
tutti li circonstanti m'ascoltaro
come persone nobile & pietose
Dipoi mostro mi fu quel Signor caro
quello che sol per noi volse morire
& gustar su la Croce il fele amaro
Poi fece il Sacerdote a me venire
& fatto c'hebbe mia confessione
io mi disposi volentier morire
Pregando sempre tutte le persone
che pregassin per me l'eterno Dio
che havesse al mio fallir remissione
Cosi quel popol mansueto & pio
con la berretta in mano in mia presentia
fecion piu che non disse il parlar mio
Di poi conhumilta & reverentia
pregai tutte le donne & le figliuole
che pigliassin esempio da Prudentia
Finito c'hebbi a dir queste parole
ingenocchion mi posi al gran supplitio
& fe l'oration che far si suole
Dicendo, Padre io vengo al sacrifitio
piacciati per la tua misericordia
donare a lalma afflitta il grato hospitio
& a tutti costor pace & concordia.


Sonetto della morte di Madonna Prudentia

Non erebbi mai che a tanta mia bellezza
mancassi aiuto, sforzo ne favore
ma la giustitia del preclar Signor
poco belta, & men favor apprezza,
Hayme misera me che in gran sciochezza
incorsi come aviene al peccatore
vinta dal ira & feminil errore
fini mia vita & ogni mia grandezza
Giovine di mia eta di vent'otto anni
offersi il capo mio alla giustitia
per non pensar a suoi futuri danni
Et li miei car figliuoli in pueritia
feci vestir per me di negri panni
dimostrando a ciascun l'alta mestitia.

In Fiorenza presso al Vescovado
MDLVII del mese di Giugno.

Date

Printing Location

In Venetia per Dominico de' Franceschi, in Frezzaria al segno della Regina. 1571.

Notes

another pamphlet with same title cf. Pietoso lamento che fece la signora Prudenza anconitana 1818
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https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1077 <![CDATA[Il lacrimevole e compassionevole lamento fatto da Gio. Battista Guidetti. ]]> 2020-01-14T14:08:51+11:00

Title

Il lacrimevole e compassionevole lamento fatto da Gio. Battista Guidetti.

Subtitle

Nel qual s'intende le sue crudeltöæ, avendo tossicato con artifiziosi veleni et acque pestifere diversi corpi umani come qui intenderete...,

Synopsis

I veleni, "composizioni inique e attroci", pur essendo armi femminili per eccellenza, non erano disdegnati da chi, perseguendo misteriosi disegni criminosi, si fermava ad "abitar" in qualche luogo "sol per disturbare gli uomini quieti".
In una relazione proveniente da Venezia e probabilmente secentesca, si informava il pubblico della condanna inflitta ad un tal Giovan Guidetti, reo di aver "tossicato" con "artifiziosi veleni" e "acque pestifere" "diversi corpi umani". Il "ribaldo", il "traditore" aveva messo a punto una miscela diabolicamente mortifera, un "velen potente e rio", "söå perfetto" da permettergli di colpire la "vita umana" con temibile precisione e sicurezza.
Affiora con evidenza, da questo racconto, un'altra grande paura che attraversö_ l'Europa intera fino al XVIII secolo: quella relativa ai forestieri a cui molte volte si attribuiva la responsabilitöæ dell'insorgere delle epidemie di peste.
Gli ebrei furono un caso emblematico di attribuzione di responsabilitöæ epidemiche, proprio a causa dell'estraneitöæ con cui venivano percepiti dalla comunitöæ cristiana. Le torme di vagabondi, mestieranti, ciarlatani, medicastri e imbonitori di ogni tipo e genere, portavano al loro seguito il timore della frode, del raggiro, del perfido tradimento. Ma nel lamento di Giovanni Guidetti si preferisce insistere sulle caratteristiche di "crudeltöæ inumana" del "perfido" avvelenatore; il culmine nel rituale pentimento del condannato , in questo caso, l'atterrita contemplazione delle proprie mani un tempo abili strumenti di mortifera alchimia, oggi "crudeli e traditrici".
Le sacrileghe man che fabbricorno
quelle composizioni inique e attroce,
son per la vergogna, e per suo scorno,
troncate dal suo loco a Santa Croce:
materie cosöå orribili e feroce,
che aveva autoritöæ di dar la morte
a innocenti bambin, padre e consorte.
.....................................
Ecco che volontario io mi abbandono
e voi mani crudeli e traditrici
ricevete il dovuto guiderdono,
sia annichilate le vostre radici,
sentite o mani il lagrimoso suono,
mani di crudeltöæ, mani infelici,
in ricompensa al vostro delitto,
al collo  terminato il vostro sitto.
Le mani, strumenti principali del corpo per accedere al peccato, mani "sacrileghe" perch_ operanti nel regno del maleficio, delle "materie horribili"; mani ormai per sempre lordate dalle abominevoli sozzure di cui  fatto il mondo, dalla materia, percepita come un ribollente serbatoio di iniquitöæ e corruttela: esse per prime devono pagare.
Il tema della "sacrilega mano" ribadisce la basilare concezione dell'uomo visto come marionetta di Satana, "demonio umanato", la cui stessa mano, come una protesi telecomandata, compie gesti ed azioni che lasciano sbigottiti gli occhi dello stesso protagonista.

Set to tune of...

Transcription

Le sacrileghe man che fabbricorno
quelle composizioni inique e attroce,
son per la vergogna, e per suo scorno,
troncate dal suo loco a Santa Croce:
materie cosöå orribili e feroce,
che aveva autoritöæ di dar la morte
a innocenti bambin, padre e consorte.

Ecco che volontario io mi abbandono
e voi mani crudeli e traditrici
ricevete il dovuto guiderdono,
sia annichilate le vostre radici,
sentite o mani il lagrimoso suono,
mani di crudeltöæ, mani infelici,
in ricompensa al vostro delitto,
al collo  terminato il vostro sitto

Printing Location

in Venezia, Fiorenza et in Lucca s.d. e s.n.t.
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1076 <![CDATA[Il grandissimo et misericordioso caso nuouamente occorso nella citta di Ancona di vno nobile gentilhomo ]]> 2020-01-14T14:09:26+11:00

Title

Il grandissimo et misericordioso caso nuouamente occorso nella citta di Ancona di vno nobile gentilhomo

Subtitle

il quale per amore d'vn'altra donna fece auenenare la sua moglie dal suo proprio figliolo, e di poi lui fu condoto alla giustitia, & il figliolo si diede la morte di sua propria mano. Appresso seguita il lachrimoso lamento dil padre, e dil figliolo inanti la sua morte.

Date

URL

http://edit16.iccu.sbn.it/scripts/iccu_ext.dll?fn=10&i=73535
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1075 <![CDATA[Il Compassionevole et memorabil caso, della morte della regina di Scotia]]> 2020-01-14T13:14:23+11:00

Title

Il Compassionevole et memorabil caso, della morte della regina di Scotia

Method of Punishment

beheading

Date

Printing Location

In Vicenza : appresso Agostino dalla Noce, 1587

URL

http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?db=solr_iccu&select_db=solr_iccu&Invia=Cerca&saveparams=false&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&searchForm=opac%2Ficcu%2Ffree.jsp&do_cmd=search_show_cmd&nentries=1&rpnlabel=+Tutti+i+campi+%3D+compassionevole+++%28parole+in+AND%29+&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2B%2540attr%2B1%253D1016%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2522compassionevole%2522&&fname=none&from=9

Notes

Mary Queen of Scots
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https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1074 <![CDATA[El lamento che fa in fra se Lorenzino de Medici che amazzo lo illustrissimo signor Alessandro de Medici duca primo di Fiorenza.]]> 2020-01-14T13:14:23+11:00

Title

El lamento che fa in fra se Lorenzino de Medici che amazzo lo illustrissimo signor Alessandro de Medici duca primo di Fiorenza.

Subtitle

Composto per Lorenzo Ghibellini da Prato.

Digital Object

Image / Audio Credit

Milano MI0327 Archivio storico civico e Biblioteca Trivulziana, EDIT16

Set to tune of...

Transcription

(last page):
Mutat'ho'l nome mio sol da me stesso
quel che dato mi fu dal sacerdote
me lo scancella il mio fallo commesso
E so cha tutto'l mondo e fatto noto
quel che fatto ha la mia persona trista
de traditori a tutti el sacco, ho uoto
Per non temero Iddio questo sacquista
pigliate esempio uoi tutti Christiani
non fate come mia persona trista
Non credo nelle parte de pagani
un piu di me sia stato si crudele
Tartari, Neri, Turchi, o chatelani
Io son in una Naue senza uele
& uo doue mi guida la fortuna
mio gusto sol sara di amaro fele
Di me non sia nel mondo pieta ignuna
ognun mi scacci senza remissione
da se con mente di pieta digiuna
Ahi tristo me come a compassione
chiusi le porte il di chal mio cugino
detti la morte senza discretione
Ingrato iniquo e falso Lorenzino
a chi tamaua assai piu che se stesso
& a chi ti manteneua nel domino
Vsafti un tradimento tanto espresso
tanto crudele che scellerato me,
perche a ripor non mi uado in un cesso
Signor puo dich io ero come fse
esso mi amaua & riueriua assai
piu che sprimer non so come uero e
A miei parenti affani e molti guai
ho dato per tal fallo oltra la fama
trista che resta al mondo sempre mai
Che Re de traditori colui si chiama
qual tradisce un amico che di certo
conosce che lo teme e che lo ama
So ben chio abitaro bosco o diserto
pe traditori la machia non ua uia
che sempres resta uiua al discoperto
O fortuna crudel fortuna ria
che mi ual lamentar che mi ual dire,
che rimedio non e alla mia pazzia
Quel che fatto e mai piu non puo redire
non gioual disperar non ual la morte
ne per lunghi, o breui anni fire
Resta sol maledir la dura sorte
che mi spinse all'acerbo caso duro
e sertar al lamento mio le porte
Col uolto pieno di lachrime oscuro.

(eight versions in total of this ballad by Ghibellini)

Composer of Ballad

Lorenzo Ghibellini

Crime(s)

murder

Gender

Date

Execution Location

Venice

Printing Location

(Stampato in Fiorenza : dall'Arciuescouado, 1567).

Notes

Lorenzino de' Medici (March 23, 1514 - February 26, 1548), sometimes called Lorenzaccio de' Medici, was an Italian writer remembered primarily as the assassin of Alessandro de' Medici, duke and ruler of Florence.

Lorenzino was born in Florence, Italy, the son of Pierfrancesco II de' Medici and Maria Soderini. He was educated at Camerino together with Cosimo and Alessandro de' Medici. He and the latter were later involved in several public scandals involving their escapades. In 1526 Lorenzino was brought with Cosimo to Venice to escape the Landsknechts falling on Florence, and was also saved from the expulsion of the Medici from that city following the Sack of Rome which crushed the power of the most powerful member of the family, Pope Clement VII. After a period in Veneto, Bologna and Rome (where he gained the nickname Lorenzaccio, "Bad Lorenzo", for his habit of decapitating statues), he returned to his native city in 1530, after the end of the Imperial siege which installed Alessandro as duke.

Probably prompted by Filippo Strozzi, Lorenzino and the killer Scoronconcolo murdered duke Alessandro on January 5, 1537. Lorenzino entrapped Alessandro through the ruse of a promised arranged sexual encounter with Lorenzino's sister Laudomia, a beautiful widow. After this, he fled to Bologna, and from there to Turkey, France, and then Venice. He wrote a public defense of his actions (the Apologia), claiming that, as an ideal heir of Marcus Junius Brutus, dedication to human liberty had forced him to kill Alessandro. As a writer, Lorenzino also authored the play Aridosio, which gained him notable critics.

Cosimo I de' Medici became Duke of Florence, and condemned Lorenzino to death. An assassin in Cosimo's pay killed Lorenzino in 1548 in front of his lover's house at Campo San Polo, Venice.
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https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1073 <![CDATA[Compassioneuol caso occorso su'l Trentino nel Castello di Perzine. ]]> 2020-01-14T13:14:23+11:00

Title

Compassioneuol caso occorso su'l Trentino nel Castello di Perzine.

Subtitle

Doue s'intende lo assassinamento, che fece vn' hebreo a vn padre, e vna figliola, e come per miracolo della Madonna fu scoperto, & giustitiato. Ridotto in ottaua rima per Giouan Battista Fidelli ferrarese.

Synopsis

A Jew tries to murder a father and daughter but his plan is uncovered by the Virgin Mary and he is judged.

Digital Object

Image / Audio Credit

Venezia VE0049 Biblioteca nazionale Marciana - EDIT16

Set to tune of...

Composer of Ballad

Fidelli, Giovan Battista

Crime(s)

murder

Gender

Printing Location

In Ferrara, & ristampato in Bologna : per Vittorio Benacci, [dopo il 1588].
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https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1072 <![CDATA[Caso compassionevole et lacrimoso lamento di duoi infelici Amanti condannati all Giustitia in Bologna alli 3. di Genaro M.D. LXXXVII.]]> 2020-01-14T13:14:23+11:00

Title

Caso compassionevole et lacrimoso lamento di duoi infelici Amanti condannati all Giustitia in Bologna alli 3. di Genaro M.D. LXXXVII.

Synopsis

Ippolita Pensarotti and Ludovico Landinelli

Set to tune of...

terza rima

Transcription

Un nuovo caso, una perversa sorte,
Di due infelici, e sfortunata Amanti
Narro, e'l lor tristo fin la cruda morte.
Ma se successo tal convien ch'io canti,
Giovenai incanti, non sdegate udire,
E prendete da lor l'essempio inanti.

Composer of Ballad

Giulio Cesare Croce

Method of Punishment

beheading

Crime(s)

murder

Gender

Date

Execution Location

Bologna

URL

http://books.google.com.au/books?id=-voiewiPzYUC&pg=PA327&lpg=PA327&dq=meryl+bailey+caso+compassionevole&source=bl&ots=nSNsCiqPMu&sig=tfzzIjdFiNFgvgIsaY6vOLVCku0&hl=en&sa=X&ei=x1y5UYazCIXTkQX1yIGADQ&ved=0CC8Q6AEwAA#v=onepage&q=meryl%20bailey%20caso%20compassionevole&f=false
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1071 <![CDATA[Capitolo con doi sonetti composti nella citta di Teramo. ]]> 2020-01-14T13:14:23+11:00

Title

Capitolo con doi sonetti composti nella citta di Teramo.

Subtitle

Sopra la morte di Carbone, il quale essendo giustificato, & per vn`hora stato appeso in su le forche, fu portato a seppellirsi. Finalmente respirö_, fu di nuouo per ordine dell`illustriss. sig. Carlo Gambacorti doppo molti stratij fatto morire, et giustificare, come in esso capitolo piu ampiamente si dimostra, cosa veramente miracolosa a` giorni nostri.

Synopsis

A man (Carbone) is convicted, and hangs on the gallows for an hour. He is then taken to be buried, but begins to breathe again. On the orders of Carlo Gambacorti (the governor? Niccola Palma: 'Regio consigliere, governatore e capitano a guerra nella provincia di Principato'), he is tortured again in order to kill him. (successful?)

Image / Audio Credit

EX0001 Biblioteca Apostolica vaticana - Stato cittöæ del Vaticano, EDIT16

Method of Punishment

hanging

Gender

Date

Execution Location

Teramo

Printing Location

A Fermo : presso Sertorio de' Monti, 1588 (A Fermo).

URL

http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm
]]>
https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1070 <![CDATA[Barzelletta sopra la morte di Giacomo dal Gallo, famosissimo bandito.]]> 2020-01-14T13:14:23+11:00

Title

Barzelletta sopra la morte di Giacomo dal Gallo, famosissimo bandito.

Set to tune of...

song with chorus
rhyme scheme: abba, cdda, effa, etc.
Last line rhymes with chi chi richi chu chu ruchu, a version of a rooster's crowing

Transcription

Chi chi richi, cuchu ruchu,
giöæ cantar soleva il gallo,
or  andato giö_ dal vallo
e non canteröæ mai piö_, Chi chi eu,

Che faröæ piu le Galline,
Poi che l'Gallo  gito öæ spasso,
E löæ cresta e andata a basso,
Ne la levara mai piu? Chi chi.

Questo Gall' empio, e superbo,
E restato accaponato,
E di mado spelassato,
Che non voler mai piu. Chi chi.

[more pages]

ma una morte si onorata
non mertava sto ribaldo
ma squartarlo caldo caldo
e brugiarlo poi di piö_.

Strascinarlo parimente
tanagliandoli la carne
e di questo tristo farne
mille strazij e ancor di piö_.

Date

Printing Location

Di Giulio Cesare Croce, in Bologna, per lo Erede del Cochi, al Pozzo rosso, s.a.

URL

http://badigit.comune.bologna.it/GCCroce/sfoglia.aspx?Num_Lib=1517
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https://omeka.cloud.unimelb.edu.au/execution-ballads/items/show/1069 <![CDATA[Bargeletta di Giorolamo Nini sopra il Lamento di Bastian Fiorentino Oste Bolognese, Detto il Carotta.<br /> Di Giulio Cesare Croce.]]> 2020-01-14T13:14:23+11:00

Title

Bargeletta di Giorolamo Nini sopra il Lamento di Bastian Fiorentino Oste Bolognese, Detto il Carotta.
Di Giulio Cesare Croce.

Set to tune of...

song with chorus/refrain O Carotta disgratiato that rhymes with previous line of verse cf. Manas
rhyme scheme ababbcc, dedeecc, fgfggcc,

Transcription

Poi che sete ad ascoltarmi
voi venuti in una frorta,
Se vi piace odienza darmi
conterovi del Carotta
Accio la cosa a ogn' un sia notta
Per suo mal  gia appicato
O Carotta disgratiato.

Costui era Fiorentino,
E si faceva l'hosteria
Giocator' e tabachino
Poi teneva in compagnia
Una sorte di genia
Che mai l'hanno abandonato
O Carotta disgatiato.

Suoni  balli lui volena
Giorno  notte öæ piö_ potere
E'poi anchora tenea
Delle Donne da piacere
Questo  stato suo dovere
Perche si  mal governato.
O Carotta disgratiato.

Quando il Sole giö_ callava
Tosto in ordine merca
Quella gente che robava
Fuora ogn'un mandato havea
Chi una Cappa ne prendea
Chi un Faciol hanea levato.
O Carotta disgratiato.

Que sti andavano alle feste
Dove andava molta gente
Le sue mani eran si leste
Che facevano dolente
Questo,  quel, che non si sente
Che la Bona li han tagliato.
O Carotta disgratiato.

Tanto ben li governava
Che non si pote an partire,
Venti soldi ogn'un li deva
Della Cena e del dormire,
Poi anchor volea partire
Tutto quel che havean robato
O Carotta disgratiato.


Notes

From La vita e le opere di Giulio Cesare Croce, 444-445:

L'oste Bastiano detto il Carotta o Carota, fiorentino, teneva nella sua osteria un covo di ladri, di borsaiuoli e di baldracche coi quali divideva gli illeciti e delittuosi lucri. Scoperto, fu impiccato con una decina di soci alle finestre del palazzo Comunale l'ultimo di di gennaio 1587. Il libro dopo aver notato il nome del Carota e di undici suoi compagni, quasi tutti forastieri, aggiunge
Furono appiccati per essere stati promotori di un sollevamento, quale poi non riusci.
Dovremo credere ad un mistero, ad un delitto di iStato o ad una semplice razzia di ladruncoli come ritiene anche il Ghiselli nel suoi Annali mss.
Certo che questo fatto, sia per se, sia per la quantita degli impiccati fece un certo fracasso. Trovo infatti una, senza anno e nome, che contiene una disgraziatissima canzonetta di venti strofe di sei versi ottonari ciascuna, quando lo sono, ed il ritornello 'la'. Canzonette che fa vedere almeno quanto il Croce fosse superiore ai suoi concorrenti.
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